“Napoli è un luogo dove l’arte non è solo creata, ma vissuta e respirata, nonostante le sue contraddizioni e trasformazioni. Questa è la Napoli raccontata in ‘Dadapolis. Caleidoscopio napoletano,’ un docufilm che svela l’anima profonda della città attraverso le voci dei suoi artisti. Scritto e diretto da Carlo Luglio e Fabio Gargano, il film si ispira all’antologia omonima del 1992 di Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller, un testo che esplora le mille sfaccettature della città.
Presentato alle Giornate degli Autori-Confronti alla 81ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, ‘Dadapolis’ si immerge nella difficile contemporaneità di Napoli, mostrando come la cultura e gli artisti continuino a essere il sangue che scorre nelle vene della città, mantenendola viva e vibrante. Il documentario dà voce a sessanta artisti provenienti da diversi ambiti—scrittura, fotografia, musica, teatro—e rende omaggio a tre figure centrali per la città, scomparse durante le riprese: il produttore e interprete Gaetano Di Vaio, il poeta e drammaturgo Enzo Moscato, e Cristian Vollaro, un posteggiatore di quartiere.
Tra gli artisti spiccano James Senese, musicista e figura quasi mistica, che discute del futuro della città dall’alto di blocchi di cemento dipinti, accanto allo scrittore Peppe Lanzetta. C’è chi si confronta sotto i pontili del porto, chi su belvederi che offrono una vista mozzafiato del Vesuvio, mentre la discussione si allarga alla Napoli di oggi, lontana dalle immagini da cartolina del centro storico.
Il titolo stesso del film, ‘Dadapolis,’ evoca una Napoli dadaista, un gioco serio di parole che riflette la sua natura complessa e sfuggente. Come spiegava la scrittrice Fabrizia Ramondino, Napoli è una città che sfugge a una singola definizione; è una composizione di forme espressive che devono essere reinventate per essere comprese.
Il film esplora la periferia, spesso ignorata, ma fondamentale per capire la Napoli contemporanea. In questi luoghi si riproduce il microcosmo della città vecchia, con le sue stesse dinamiche e contraddizioni. Fabrizia Ramondino, riflettendo sulla crescita delle periferie, ha sottolineato come oggi Dadapolis si rivolgerebbe più a queste zone marginali, segno di una Napoli diventata megalopoli.
‘Dadapolis’ è un viaggio nel cuore pulsante della cultura napoletana, tra le critiche severe ai problemi della città e l’inevitabile confronto con il suo futuro incerto. James Senese e Peppe Lanzetta discutono del mare, simbolo di vita e di respiro per la città, mentre altri artisti esprimono la loro preoccupazione per una Napoli che rischia di diventare uno stereotipo di se stessa, perdendo la sua identità unica.
Il teatro di Enzo Moscato emerge come un atto di resistenza, un mezzo per affermare l’individualità in una città che spesso sembra schiacciata dalle sue stesse contraddizioni. Per Moscato, il teatro è un rischio, una vocazione che lo ha accompagnato per tutta la vita, e che rappresenta un’arte antica che richiede sia forza che fragilità.
In ‘Dadapolis,’ si parla di Bagnoli, delle ferite lasciate dalla chiusura dell’Italsider, del porto di Napoli come porta del Sud del mondo, e del cambiamento paesaggistico. C’è una Napoli che resiste, una città che si tuffa verso il domani, sperando che la creatività e la cultura possano essere la chiave per il suo futuro.
Il docufilm non è solo una celebrazione della Napoli che conosciamo, ma un invito a vedere la città con occhi nuovi, a immergersi nelle sue periferie, a ascoltare le sue molteplici voci e, soprattutto, a comprendere che la vera anima di Napoli risiede nella sua capacità di resistere, di reinventarsi, e di continuare a credere nella cultura come bene comune e collettivo.”