Margherita Vicario, attrice e musicista, fa il suo debutto alla regia con il film “Gloria!”. Presentato in concorso alla 74ª edizione del Festival di Berlino, il lungometraggio è un affascinante viaggio nei primi anni del XIX secolo, in un luogo che evoca l’atmosfera mistica di un orfanotrofio, un convento e una scuola di musica, situato nelle vicinanze di Venezia.
Il nucleo della storia si concentra su Teresa, una serva orfana conosciuta come “la Muta”, e le sue compagne: Lucia, Bettina, Marietta e Prudenza. Queste cinque giovani donne, dotate di un innato talento musicale, si ritrovano segretamente per esprimere la propria creatività al di là degli stretti confini imposti dalla società dell’epoca.
Al centro del sistema repressivo che le opprime troviamo il personaggio del sacerdote e maestro di cappella Perlina, interpretato dal comico Paolo Rossi, incapace di comporre un brano ecclesiastico in occasione della visita del Papa Pio VII all’istituto.
Da Johan Stein, abile costruttore di pianoforti, all’elezione di Papa Pio VII a Venezia, il film è tuttavia intriso di riferimenti storici precisi e accurati. Vicario si immerge completamente nella ricchezza del contesto storico, prendendo ispirazione dalla vita di figure come Maddalena Laura Lombardini Sirmen, unica compositrice orfana giunta fino ai nostri giorni. La regista si affretta a precisare che il film non ha alcuna pretesa di ricostruire fatti storici ma di riconoscere il giusto tributo a tutte quelle donne compositrici e musiciste del tempo che sono rimaste nell’ombra, oscurate dalla fama dei loro colleghi maschi.
Attraverso una meticolosa attenzione ai dettagli nei costumi, nella scenografia e nella fotografia, il film si presenta come un’opera d’epoca ricca di colori vibranti, riferimenti pittorici e una cura impeccabile per ogni singolo dettaglio. Questo approccio filologicamente accurato costituisce il fondamento su cui si innalza il mondo fantastico e surreale delle protagoniste e delle loro creazioni musicali.
Vicario ha spiegato che, durante l’epoca delle protagoniste, le donne erano spesso private della possibilità di esibirsi in pubblico, e molte di esse trovavano rifugio in istituti assistenziali femminili. “Questi istituti assistenziali femminili rappresentavano non solo luoghi di cura, ma anche veri e propri centri di eccellenza musicale nel cuore della splendida Venezia Barocca del XVIII secolo”.
Tra questi, l’Ospedale della Pietà spicca per la sua fama, poiché fu la palestra musicale di illustri maestri, tra cui il celebre Vivaldi, noto come il Prete Rosso. L’accesso a tale formazione di alto livello , continua la regista, era riservato esclusivamente alle nobili e alle orfane. In un’epoca in cui la musica era considerata una professione riservata agli uomini, gli Ospedali di Venezia offrivano un’opportunità senza precedenti per le giovani donne di coltivare il loro talento musicale”.
Nonostante la loro formazione d’eccellenza, tuttavia, le artiste formate negli Ospedali di Venezia si trovavano spesso limitate nelle loro aspirazioni. Mentre i loro coetanei maschi nei Conservatori Napoletani potevano ambire a una carriera professionale nella musica, le ragazze degli Ospedali di Venezia erano costrette a scegliere tra un buon matrimonio o una vita interamente dedicata a suonare per la Gloria di Dio.
La musica diventa quindi un mezzo di liberazione per queste giovani donne, un’opportunità di ribellione contro le rigide norme sociali e il patriarcato dell’epoca. La colonna sonora del film è manifestazione vivida di questa ribellione, mescolando generi musicali diversi, dall’essenza barocca del violino al jazz-blues, per esprimere la diversità e la forza delle protagoniste nel trovare la propria voce. Particolare attenzione è stata dedicata al montaggio su musica e alla ricerca ritmica, con molte sequenze coreografate nello spazio come vere e proprie scene teatrali.
Margherita Vicario, figura poliedrica e talentuosa, porta con sé un bagaglio di esperienze nel mondo dell’arte e dello spettacolo. Con “Gloria!”, nelle sale italiane l’11 aprile, la sua ambizione è duplice: da un lato, raccontare la reale condizione delle musiciste del passato, e dall’altro, immergersi in un’atmosfera di creatività e magia.
Il suo lavoro cinematografico si sottrae con consapevolezza ai tradizionali canoni narrativi per diventare un megafono delle lotte delle donne nel mondo della musica, sia nel passato che nel presente.