Presentato all’80esima Mostra del Cinema Internazionale di Venezia nella sezione Orizzonti Extra, e vincitore del Premio degli spettatori – Armani Beauty, l’esordio alla regia di Micaela Ramazzotti: “Felicità”.
Il film, scritto dalla Ramazzotti con Isabella Cecchi e Alessandra Guidi, oltre alla stessa regista, vede nel cast Max Tortora, Anna Galiena, Matteo Olivetti e Sergio Rubini. Una produzione Lotus Production e Rai Cinema, dal 21 settembre in sala distribuito da 01 Distribution.
Alla ricerca di una felicità impossibile
Una famiglia disfunzionale, un fratello depresso, un compagno “paterno”: Desirè è una parrucchiera, e lavora per il cinema, la sua vita è un disastro, sempre in affannosa ricerca di un briciolo di felicità e di un equilibrio che sembra impossibile da raggiungere.
Di felicità nel film di Micaela Ramazzotti non ce n’è, un ossimoro che si rivela sin dall’inizio: i genitori di Desirè e Claudio sono due “mostri”, egocentrici e patetici, che trattano i figli come due bambini inetti, ignoranti, razzisti e ossessionati dai soldi; lei cerca in tutti i modi di aiutare il fratello, da tempo affetto da una profonda depressione e che abusa di psicofarmaci, e nel frattempo sacrifica la vita normale e appagata che potrebbe avere con Bruno, un professore universitario che la ama nonostante il divario culturale tra i due e i drammi giornalieri al quale è costretto ad assistere. Desirè è una donna fragile, superficiale, che si lascia trascinare dagli eventi, incapace di ribellarsi ai genitori, di dare una vera svolta nella sua vita: si lascia usare, dalla famiglia e dagli uomini, vittima più di sé stessa che degli altri.
L’ennesima storia senza speranza ambientata nella periferia romana, l’ennesima famiglia dalla quale fuggire, responsabile di nevrosi, di conflitti irrisolti: Desirè rimanda alla memoria tanti altri personaggi presenti nella filmografia italiana e spesso interpretati proprio dalla stessa Micaela Ramazzotti, donne irrisolte, ingenue, leggere, sfruttate dagli uomini, umiliate. Sui set dove lavora la chiamano “bicicletta” perché “tutti ci hanno fatto un giro”, e lei usa il sesso per fare pace con Bruno dopo ogni litigio, ma non riesce a difenderlo davanti ai suoi genitori che lo accusano di essere menefreghista e tirchio.
Felicità: una storia di disperati poco approfondita
Tra stereotipi, come il romano di periferia qualunquista arrabbiato con il governo e che odia gli immigrati, o il ragazzo senza prospettive che spreca la sua vita, incapace di farsi forza, risvolti prevedibili, e una serie di temi ricorrenti nei film degli ultimi anni, abusi, traumi infantili, molestie, precarietà, in “Felicità” non c’è un vero approfondimento delle storie e dei personaggi che rimangono in “superficie”, che tentano di autoassolversi.
Come fa il personaggio di Anna Galiena, o che non sanno bene che direzione prendere, come la stessa protagonista che sembra quasi compiaciuta dei suoi drammi, continuando ad arrancare. Come arranca quest’opera prima che parte sicuramente da buone intenzioni, e che vede la partecipazione di importanti professionisti come il direttore della fotografia Luca Bigazzi, ma che si rivela una mesta e banale storia di disperati della quale non si sentiva il bisogno.