Olga, la cinema dall’8 giugno, è la storia vera del film inizia nel 2013, quando l’Ucraina è già scossa da profondi conflitti sociali. Una ginnasta di quindici anni – figlia di una mamma ucraina e di un papà svizzero – ha la possibilità di lasciare il paese materno per allenarsi con la squadra elvetica e disputare i campionati Europei in vista delle successive Olimpiadi. Mentre affronta le problematiche di inserimento nella nuova realtà, Olga è in costante contatto con la madre, giornalista antiregime, che a Kiev rischia ogni giorno la vita in piazza Maidan.
Un esordio eccezionale per il regista Elie Grappe. L’idea del film è nata da un incontro nel 2015 con una violinista ucraina giunta in Svizzera ai tempi della nascita dell’Euromaidan (termine che unisce le parole „Euro“, inteso come abbreviazione di Europa, e „Maidan“, la piazza delle proteste a Kiev). “Sono stato scosso da quanto lei fosse sconvolta raccontandomi della rivoluzione nel suo paese e di quanto le immagini degli scontri di piazza l’avessero colpita nel profondo”.
Grappe è riuscito a filmare la passione di un’adolescente, il suo corpo in azione, e il conflitto tra i suoi problemi personali in relazione a quelli collettivi della rivoluzione. E lo fa attraverso la ginnastica, che al pari della musica e della danza, è un campo in cui ogni adolescente mette tutto sé stesso. È sia uno sport collettivo che individuale. Il risultato è un film sull’esilio, su una giovane eroina che non sente di appartenere più a nessuna patria, combattuta tra questioni di ambientamento sociale e una situazione politica molto più grande di lei che minaccia la sua famiglia.
“Per me la rivoluzione dell’Euromaidan è particolarmente affascinante da osservare – continua il regista – i manifestanti provenivano da ogni partito politico e classe sociale. All’interno di una società così eterogenea è emerso un incredibile senso di solidarietà”. Per sullo schermo Grappe ha sceltovideo che i manifestanti hanno realizzato durante gli eventi. Olga è solo una ragazzina: si trova in un’età in cui la propria identità è sfumata, in cui il proprio corpo sta cambiando, proprio al picco della sua carriera da ginnasta. Eppure non è interessata a fare proselitismo con messaggi o chiamate alle armi.
La direttrice della fotografia Lucie Baudinaud gira con un formato personale di 1,85:1, prediligendo riprese medie a mano libera e primi piani giustapposti all’ampia visione del caos televisivo trasmesso dall’Ucraina. In una scena surrealista, Olga sogna che la sua camera da letto venga consumata dal fuoco, e questo fa crollare le barriere tra i due mondi; le fratture dell’una invariabilmente si scontrano con l’altra. Di fronte all’indifferenza occidentale e alla tragedia nazionale, Olga rimane un film provocatorio. Ribelle nella sua politica, ribelle nella sua tenerezza e umanità, e con aria di lanciare una speranza per il futuro.