Marco Bellocchio, assiduo frequentatore del Festival di Cannes, è tornato sul red carpet di Cannes con “Rapito”, il suo ottavo tentativo di vincere una Palma d’oro. Il film, un melodramma storico co-scritto da Susanna Nicchiarelli ed Edoardo Albinati, racconta il caso di Edgardo Mortara, (Enea Sala), un bambino ebreo di sei anni sequestrato dalla polizia dello stato pontificio. Secondo le dichiarazioni di una domestica, ritenuto in punto di morte a sei mesi, il bambino era stato segretamente battezzato e per il diritto canonico deve ricevere un’educazione cattolica.A quel tempo, ai genitori ebrei non era permesso allevare figli cristiani e persero di conseguenza la patria podestà su Edgardo. Mentre la lotta dei Mortata per riconquistare il loro bambino suscita l’indignazione dell’opinione pubblica in Europa e negli Stati Uniti, il bambino viene indottrinato nella sua nuova religione che lentamente attecchisce nella sua anima. Il Papa arriva al punto di far ribattezzare il bambino visto che non c’era testimoni che avevano visto la cameriera compiere il rito anni prima.
Bellocchio ancora una volta si diverte a svolazzare tra i generi, periodi storici e temi sin dal suo primo successo del 1965, Pugni in tasca. Anche con Rapito, il regista sceglie di essere sfacciato e porta sullo schermo il Papa più controverso della storia, Pio IX, a cui era toccato in eredità l’epoca più tumultuosa che la Chiesa avesse mai visto. Durante il suo regno durato oltre 31 anni – il secondo più lungo nella storia della Chiesa dopo quello di San Pietro – la volontà di mantenere il potere temporale gli portò non pochi nemici. La Chiesa di Bellocchio potrebbe apparire anacronistica per i tempi moderni eppure la sua presenza incombe su tutto il film con ramificazioni sinistre che si estendono fino ai tempi moderni.
Rapito ci ricorda come alle origini della moderna storia italiana ci sia stata una lotta feroce: quella tra gli artefici dell’unità d’Italia e il Papato. Edgardo diventa essenzialmente uno strumento della chiesa da una parte per ribadire il suo potere temporale in un momento in cui i moti rivoluzionari del ’48 per l’unificazione dell’Italia, stavano guadagnando terreno fino a bussare alle porte di Roma. E dai sostenitori del Risorgimento, dall’altra, per alimentare i sentimenti anticlericali di gran parte della popolazione italiana.
Mentre i costumi e le scenografie d’epoca, così come l’attenta regia, permettono allo spettatore di immergersi nell’Italia dell’Ottocento, ci sono alcuni momenti memorabili in cui il film cattura la confusione che Edgardo prova quando è costretto ad adorare un dio diverso. Altre scene si dilettano a rappresentare l’ipocrisia di una chiesa che essenzialmente fa il lavaggio del cervello ai giovani italiani. Da adulto, Edgardo, interpretato da Lorenzo Maltese, potrebbe essere libero di fare le proprie scelte, ma decide comunque di restare fedele al Papa sostenendo che il suo vero padre era Pio IX. Come sacerdote e missionario dedica. la propria vita alla conversione degli altri, una scelta pagata a caro prezzo la sua, con prolungate malattie.
Bellocchio ha ribadito più volte di non aver voluto realizzare un film contro la Chiesa. La sua intenzione era rappresentare lo “spirito del tempo” e di come il “caso Mortara”, al di là della vicenda umana, abbia finito per influenzare gli eventi politici, agire sui rapporti fra religione e stato favorendone la laicizzazione, oltre a fornire l’occasione alle comunità ebraiche di vari paesi di organizzarsi portando alla nascita dell’Alliance Israélite Universelle, tuttora attiva con sede a Parigi.
Interpretato da Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, Enea Sala, Filippo Timi, Fabrizio Gifuni, nelle sale con 01 Distribution il 25 maggio, il film è prodotto da Beppe Caschetto e Simone Gattoni con Rai Cinema, che hanno deciso di devolvere gli incassi della prima giornata all’Emilia Romagna.