Gianni Di Gregorio ci regala con Astolfo una commedia brillante in un intreccio di leggerezza e soavità, ci parla della bellezza ancora possibile nelle relazioni umane e di come poter attraversare le vicissitudini della vita non lasciandosi inghiottire dalla parte che più grava. Già dal titolo, che è il nome del protagonista, si intuisce la vena poetica che caratterizza l’intero film, Astolfo come il personaggio dell’Ariosto si trova a vivere bizzarre avventure e arriverà a vedere la sua luna. Professore separato in pensione è costretto a lasciare l’appartamento nel suo quartiere romano fatto di stanze mai rinnovate in una regolarità dell’esistenza in cui non si affacciano novità da troppo tempo finché non decide, visti i nuovi affitti per lui impossibili, di lasciare la città e riparare in un’antica proprietà nobiliare di famiglia in un paese di collina. Una grande casa che trova tutto fuorché disabitata: una parte è sempre più occupata dalle smanie di appropriazione del parroco e nella sua parte rimasta in teoria libera trova un ospite inaspettato, il figlio di un vecchio conoscente che versa in condizioni economiche non favorevoli. Mentre il parroco si destreggia tra strategie, parole e sorrisi di circostanza, l’occupante abusivo dichiara invece candidamente di essere stato costretto dalla sua condizione ad entrare in quella casa vuota e che ci vive ormai da svariati anni ma con tutte le attenzioni, sistematosi sul divano e mai violando il letto della camera padronale.
Da qui si apre la strada della tenerezza e della gentilezza di cui è intrisa questa storia e tra Astolfo e l’occupante nasce un’immediata amicizia fatta di intesa e supporto. Alla loro pacifica e stimolante convivenza si uniscono quotidianamente personaggi buffi e molto ben caratterizzati che movimentano del tutto la vita del professore, insieme al parroco in combutta con l’arrogante sindaco del paese che nel tempo si sono impadroniti di parti varie della proprietà nobiliare, approfittando della sua assenza. In questo gioco di raggiri e furberie, Astolfo si muove non abbandonando mai la sua eleganza e mitezza se non in un momento in cui esplode di fronte al primo cittadino che è arrivato addirittura a sottrargli con un acquisto poco legale un bosco di querce. Questa piccola esplosione di rabbia gli costerà un intervento dei carabinieri con una minaccia di denuncia e un controllo degli abitanti e ospiti abituali della grande casa, dando nuovo materiale alle malelingue nei confronti di questi strani colorati personaggi giunti e riunitisi per turbare la monotonia quotidiana di un posto isolato e immerso nella natura. Inevitabilmente l’atmosfera sembra farsi troppo ostile ma verrà mitigata e infine superata da ciò che sempre ci solleva: l’amore. Astolfo incontra Stefania, grazie a un pranzo organizzato dal teatrale cugino megalomane, una nonna impegnata sotto dittatura del figlio e della nuora a seguire i piccoli nipoti ma una donna, che nella figura di Stefania Sandrelli come sempre ironica e seduttiva, ha ancora desiderio di sentimenti. Ed ecco che le maldicenze e le intromissioni nulla possono contro la forza rinnovante dell’amore, vissuto a quell’età con lo stesso candore dei fanciulli. Sono proprio il candore e il garbo il fil rouge del film, mischiati alla giocosità e a uno sguardo sul presente che annullano le lunghe notti insonni del nostro Astolfo pronto ai giorni luminosi e sempre nuovi in gioiosa fuga sulla sua vecchia auto con la sua amata, capelli al vento e orizzonte libero.
Il film è nelle sale italiane dal 20 ottobre