Valley of the Gods del regista polacco Lech Majewski, è un’esplorazione di temi come l’amore, la ricchezza, la fede, la solitudine e il consumismo raccontati principalmente attraverso il mondo ancestrale dei Navajo, abitanti della Valle degli dei, da una parte, e quello del magnate Wes Tauros (John Malkovich), l’uomo più ricco del mondo”, dall’altra.
“Tutto ciò che accade lo vediamo attraverso gli occhi e le descrizioni di uno scrittore. Non sappiamo se abbia rappresentato la pura realtà o se l’abbia piegata alla sua scrittura. Siamo nella mente dell’artista, e questa è l’idea alla base del film”, ha scritto Majewski, nelle note di regia.
Il film distribuito distribuito in sala da CG Entertainment in collaborazione con Lo Scrittoio dal 3 giugno, John Ecas (Josh Hartnett), dopo una separazione traumatica dalla moglie, inizia a scrivere la biografia di Tauros e accetta un invito nella sua magione. La società del magnate, che estrae uranio, ha deciso di scavare anche nella Valle degli Dei, violando una terra sacra: secondo un’antica leggenda Navajo tra le rocce della Valle sono rinchiusi gli spiriti di antiche divinità. John non sa che la terra che sta calpestando è sacra ed è oggetto di una disputa tra l’industriale miliardario Wes Tauros (John Malkovich), che desidera estrarre minerali dalla terra, e la tribù Navajo locale.
Non si può guardare Valley senza capire che Majewski ha una sua visione delle cose. Riesce a catturare la maestosità della natura con incredibile riverenza e la grottesca assurdità dell’opulenza in egual misura. Gira immagini della Monument Valley con la destrezza di un documentario sulla natura, rendendo straordinari sia i primi piani che i grandangoli, come se il pubblico venisse trasportato in luoghi pieni di energia magic.
La Valle viene raccontata dal punto di vista dei Navajo, evidenziando gli abusi del governo americano su una terra che dovrebbe essere protetta dal consumismo globale. Il regista non nasconde la propria ammirazione per i Navajo e un chiaro disprezzo per i ricchi.
Majewski opta per una struttura non lineare, lavora sulla metafora per mettere in scena uno scontro a tre dove gli dei dell’antichità entrano in guerra contro i desideri dell’uomo moderno. l risultato finale è qualcosa di fantastico e meraviglioso.