Sarebbe inutile negare che non sia presente una certa dose di retorica nella rappresentazione della migrazione. Come scriveva Aristotele, la retorica è un elemento del discorso che serve a persuadere riguardo a un soggetto. Il cinema possiede la capacità di affascinare, persuadere, raccontare la verità ma anche il verosimile, che si può rifare o meno alla realtà.
E’ questo che riescono la coppia di fratelli Orso Miyakawa e Peter Miyakawa con Easy Living con La vita facile, dal 24 settembre in sala, distribuito da I Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection. La pellicola di esordio dei due registi di origine giapponese, presentata già al Festival di Torino, è una commedia dai toni malinconici, un racconto della realtà contemporanea dei migranti di Ventimiglia senza retorica, cercando di trovare la verità nei sentimenti dei protagonisti
Le vite del quattordicenne Brando, dell’universitaria Camilla, che contrabbanda medicine e sigarette alla frontiera italo-francese, e del bizzarro maestro di tennis americano Don, che sogna di fare il pittore, vengono scombussolate dall’incontro con Elvis, un migrante clandestino sui generis. Tutti insieme organizzano un piano rocambolesco per aiutarlo a varcare il confine.
“Tutte le nostre estati le abbiamo trascorse a Ventimiglia. Siamo cresciuti in un’area di frontiera che si attraversava solo per comprare alcol e sigarette”, racconta Peter Miyakawa. Una città che si è lentamente trasformata in un luogo di attesa e di tensione. Migliaia di migranti hanno cominciato a concentrarsi lì, bloccati, alcuni anche per mesi, nella speranza di riuscire ad arrivare in Francia. E da qui che è partita l’idea del film – continua il regista – aver vissuto in prima persona il cambiamento di un luogo che conosciamo tanto bene, ci ha fatto venire voglia di raccontarlo e il modo migliore per farlo è stato usare nostro fratello Brando, che era come noi quando eravamo piccoli”.
Easy living è un film molto ben fatto, scritto con intelligenza e capace di fondere tematiche molto serie con la leggerezza e simpatia che vengono richieste ad una commedia.
“Non abbiamo voluto adottare un approccio documentaristico. Ci sono già tanti film drammatici sul tema dell’immigrazione e sarebbe stato presuntuoso da parte nostra. Abbiamo così deciso di concentrarci su personaggi che cercano di portare avanti le loro vite lasciandosi la negatività alle spalle”