Il cibo e il cucinare come memoria e relazione, come emozione ed arte, come elemento che include tutte le dimensioni dell’uomo: economica, sociale, culturale. Su questa strada si stanno muovendo molte esperienze, in tutto il mondo, trovando percorsi nuovi. Tra queste quella di Suraia Abud Coaik, chef, ricercatrice, performer e antropologa di Madrid. Di famiglia libanese, nata in Uruguay, ora è in viaggio in Italia e nel Mediterraneo sulle tracce della cucina fermentata. La sua esperienza racconta come, lontano dai riflettori e il cinismo dei talent, il cucinare si stia meticciando sempre di più con altre discipline e stia diventando un modo per riscoprire memoria, storia e relazioni di comunità.
“Ho studiato cucina per viaggiare e conoscere i Paesi attraverso il cibo” racconta Suraia. Figlia della diaspora libanese dispersa nel mondo e in particolare in Sud America, Suraia è cresciuta respirando questo forte significato che lega memoria, identità e cibo cucinato. Ha ascoltato i racconti e le culture diverse mescolarsi davanti ai fuochi, ai taglieri, ai gesti, alla tavola apparecchiata. Dopo essere diventata chef, trasferita a Madrid ha lavorato in grandi ristoranti. Poi ha scelto di seguire il suo istinto e, con una laurea in antropologia, il cucinare è diventato davvero la sua porta sul mondo. Ora vorrebbe “tessere una grande rete di collaborazioni con diversi professionisti, interagire per generare scambio di conoscenze, principalmente in Spagna, Libano, Uruguay e Italia”.
“Cocinar Madrid” è uno dei progetti più importanti ai quali ha contribuito, con la municipalità madrilena, realizzato grazie ad una cucina mobile in un quartiere di periferia. Insieme a lei altre donne tra cui Ana Laura Duarte, costumista teatrale, ricercatrice sulla fermentazione, autrice di “tavoli commestibili”, a sua volta uruguaiana. In questo progetto gli abitanti vengono coinvolti in un progetto di cucina e racconto collettivo. “Poeticas del Gusto – racconta Suraia – è un progetto di ebollizione in cui l’antropologia e la cucina sono messe in gioco al fine di studiare ciò che sta accadendo nelle diverse culture alimentari e le loro diverse interazioni e trasformazioni”. Un progetto che promuove collegamenti interculturali dal cibo come strumento per la ricerca sociale ed etnografica. Ci si conosce per strada o al citofono, mentre il modulo della cucina viene costruito, si acquistano insieme i prodotti al mercato, si cucina insieme e insieme si mangia “negli spazi chiave delle nostre città”. “La cucina è un atto creativo ed educativo. Aprire le nostre padelle e pentole è un invito a condividere ricette, storie, condimenti e gusti”.
Una vena particolarmente fertile è quella che riguarda le memorie, “Food memories”, che si sviluppa in molti progetti, in Francia come in Libano. In cucina si recuperano le storie sentite narrare in casa, si ricorda la propria storia, si definisce la propria identità e la si mette in gioco. Attorno a una cipolla, a una farina, si possono scambiare conoscenze e saperi, si possono intrecciare legami di comunità.
Sull’onda di questa e di altre esperienze in Spagna, con Moreno Pigoni, esperto di teatro di animazione e di progetti intergenerazionali, sono nati alcuni progetti in Italia, con la Fondazione Reggio Children – Centro Malaguzzi di Reggio Emilia e al Festival Oblò di Vignola. Qui il cucinare è luogo di conoscenza del cibo, del gusto e dell’alimentazione partendo dai più giovani, i ragazzi e i bambini, per creare connessioni tra e con le famiglie.
Ma in questo momento Suraia Abud è in viaggio per un tour dedicato alla fermentazione con Ana Laura Duarte: per ora Italia, tra Toscana, Emilia, Puglia, poi Egitto, al Cairo, e in Libano a Beirut.
La fermentazione è la grande scoperta del mondo del food contemporaneo. Suraia Abud ci sta lavorando da un anno e con Ana, nel progetto “Las Polish Fermentos”, stanno facendo interagire questo tema con il concetto di tempo e di spazio. “Cucinare significa recuperare una dimensione di tempo e allontanarsi dal “non ho tempo!” che condiziona le nostre vite. Abbiamo tempo per i social, ma non ce lo diamo per cucinare. C’è una costruzione diversa del tempo, se legato alla preparazione del cibo”.
“Stiamo cercando di capire quello che succede, attorno al cibo, nei diversi luoghi – spiegano Suraia e Ana – e in particolare con la fermentazione”. In Italia hanno incontrato Carlo Nesler di CibOfficina a Viterbo, uno dei massimi esperti italiani in materia.
Di incontro in incontro, con piccoli gruppi che manipolano vegetali e li conservano, per generare un processo di lacto-fermentazione benefico per la salute, Suraia e Ana puntano a costruire una rete ampia di scambio. Un progetto a lungo termine, così come la fermentazione: un processo di lunga durata, in continuo cambiamento.
Foto © Ums