L’Immortale, nelle sale dal 5 dicembre, girato da Marco D’amore, non è solo un’opera cinematografica ma un esperimento inedito di narrazione nella storia della serialità. Un progetto crossmediale che si pone a cavallo tra la quarta e la quinta stagione di Gomorra. Il protagonista è Ciro di Marzio. Nell’ultimo capitolo di Gomorra, lo vediamo affondare nelle acque scure del Golfo di Napoli, colpito al petto da Genny Savastano, il suo unico, vero amico. E mentre sprofonda sempre più, affiorano i ricordi.
Ciro è un personaggio in bilico su quella linea immaginaria che separa il bene dal male che è impermeabile e che lascia fluire la violenza ingiustificabile ma anche la tenerezza improvvisa di una carezza, la compassione per il dolore, il gesto eroico del sacrificio. Ambientato tra la Napoli degli anni ’80 post-terremoto e la Riga odierna, il film racconta la storia di Ciro dall’infanzia, quando viene tratto in salva dalle macerie, da quel giorno in poi tutti lo chiameranno l’Immortale, passando alle sue prime esperienze criminale, fino al suo debutto alla “corte” di Pietro Savastano.
“Ciro ha la potenza dei grandi protagonisti della letteratura teatrale come l’Amleto o lo Jago di Shakespeare, il Caligola di Camus“, racconta il regista Marco D’Amore, che recita anche nei panni di Ciro nella serie. Molti fan avevano protestato per la sua morte e non stupisce che il film che lo vede come protagonista abbia già raggiunto un incasso di oltre 602mila euro, con 87mila spettatori.
“Negli anni trascorsi ad interpretare questo personaggio, non ho mai smesso di pensare a lui, aggiunge il regista, immaginando infinite storie possibili che ne indagassero le origini. Una di queste è diventato un viaggio di andata e ritorno per raccontare la storia di un uomo che ha fatto una scelta precisa nella vita e dalla quale non potrà mai più tornare indietro“.
La storia di Ciro è infatti comune a tanti orfani abbandonati a se stessi e che intercettati dalla Camorra diventano spacciatori e assassini. Ad aiutare D’Amore e gli sceneggiatori Leonardo Fasoli, Maddalena Ravagli, Francesco Ghiaccio e Giulia Forgione, a ricreare la Napoli anni 80, paradiso della criminalità, quando l’
“Nessuno vorrebbe fare la vita di Ciro – conclude D’amore – o di tutti quei bambini costretti a crescere troppo in fretta da una realtà dove i sentimenti erano un privilegio che non ti potevi permettere. Adulti che vivono nella costante paura di sopravvivere, paura di non farcela, paura di essere uccisi. Perchè è un errore pensare che i protagonisti di Gomorra, i camorristi, non abbiano paura, ne hanno sempre, infatti“.
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