E’ stato il primo a dimostrare che certi inquinanti ambientali sono resposanbili dello sviluppo dei tumori. E’ Cesare Maltoni, nato a Faenza nel 1930 e laureato in Medicina nell’anno accademico 1954-55 presso l’università di Bologna. Uno scienziato scrupoloso, più conosciuto negli Stati Uniti che in Italia, che merita di essere raccontato per le sue parole e le sue battaglie, oggi più necessarie che mai.
Il film-documentario “Vivere, che rischio”, di Michele Mellara e Alessandro Rossi, descrive la figura poliedrica del più noto punto di riferimento internazionale nell’ambito della ricerca sulla cancerogenesi ambientale e della prevenzione oncologica. Un uomo capace di portare avanti con energia le sue idee e di sfidare, in nome della salute pubblica, poteri e convenzioni. Scopriamo un carattere burbero e irascibile, attraverso la voce dell’attore ravennate Luigi Dadina. I due registi attingono da un archivio di video privati e pubblici per raccontare la realtà bolognese e italiana che ha accompagnato la vita e il lavoro di Maltoni: ambulatori, screening, ricerca ospedaliera, politica, processi, la vita tra gli anni Sessanta e il Duemila. Il montaggio fa ricorso ad animazioni e grafici per tenere alta l’attenzione dello spettatore su argomenti che ancora rappresentano un tabù.
Lo scontro con la politica e la mala sanità, nel tempo lo isolarono. L’industria vedeva Maltoni come un nemico da screditare, l’università con i suoi Baroni troppo presi dalle loro lotte al coltello tra lobby contrapposte, gli era ostile perché conduceva ricerche al di fuori dell’accademia. Eppure Maltoni riusci a imporsi all’attenzione di tutti come il simbolo di un’oncologia che va tra le persone per dire che se i giochi della politica possono dimenticare che il cancro è un problema sistemico, ci sono ricercatori che, con la prevenzione, restano a fianco dei cittadini.
A Maltoni si deve l’avvio nel 1966 del primo programma di screening sulla popolazione femminile per la diagnosi precoce dei tumori della mammella e del collo dell’utero. Di certo ha contribuito non poco alla presa di coscienza collettiva rispetto ai rischi ambientali che il nostro modo di vivere ha creato.
Prodotto da Mammut Film con il supporto dell’Istituto Ramazzini, distribuito da I Wonder Pictures e da Unipol Biografilm Collection, Vivere che rischio “apre ampi spazi di riflessione su tutti i temi che riguardano la prassi e la ricerca scientifica, lo studio sulla prevenzione di malattie mortali, l’idea stessa di sanità pubblica e di tutela alle persone”.