The Front Runner è l’adattamento cinematografico di All The Truth is Out, il romanzo di Matt Bai. Nei cinema dal 21 febbraio, il film diretto da Jason Reitman, segue passo passo l’ascesa e la disfatta di chi era considerato il favorito tra i democratici alle elezioni del 1988. La storia è nota. Il senatore Gary Hart, un uomo capace di catturare l’immaginazione dei giovani votanti è costretto a rinunciare alla sua candidatura a causa di una relazione extraconiugale. Interpretato dall’ex eroe di X-Men, l’attore australiano Hugh Jackman, la storia ci racconta tutti i retroscena che il grande pubblico non vede mai durante una campagna presidenziale. Ovvero i comitati, le riunioni, le notti in trincea, gli scoop, i viaggi e soprattutto come avvenga la trasformazione da una vita privata ad una pubblica.
I politici maschi hanno ceduto alle tentazioni sessuali da tempo, quindi il ritratto di uno scandalo sessuale politico non è più materia cinematografica da un bel pezzo. Ma la storia di Gary Hart si distingue per essere stato uno dei primi casi, oggi invece comunissimi, di carriere politiche stroncate dal tradimento della moglie.
Dopo la presidenza Reagan, nel 1988, siamo ad elezioni cruciali per riportare l’America ai giovani e ai valori democratici. Il Senatore Hart ha quasi 12 punti di vantaggio in tutti i sondaggi, un’enormità. Una vittoria annunciata. Ha la stampa dalla sua parte, ha il popolo dalla sua parte. Incarna alla perfezione il ruolo tanto amato di perfetto padre di famiglia e per bene tanto caro agli americani. Sua moglie Lee (Vera Farmiga) è la perfetta spalla, discreta, educata, una primadonna che si annuncia impeccabile. Eppure il Senatore Hart compie l’unico peccato che l’America puritana non perdona, ovvero si fa beccare da due giornalisti del Miami Herald mentre incontra Donna Rice, una modella conosciuta su uno yacht chiamato ironicamente “Monkey Business”.
Mentre l’uomo privato deve ammettere subito la colpa, l’uomo pubblico non si rassegna a dover lasciar andare tutta quell’ambizione, negando in un primo momento ogni addebito. Sono tempi strani quelli di Hart, che per una breve scappatella deve rinunciare ad una grande carriera. Il suo caso rappresenta un punto di svolta nel rapporto tra la stampa e i politici, che ha caratterizzato sia gli anni di Clinton che l’ascesa di Trump. “C’è stato un momento nel 1987 quando per la prima volta abbiamo cominciato a pensare e a trattare i politici come celebrities e gente di spettacolo. Quando crei una cultura delle celebrities nel tuo sistema politico finisci con politici che sono celebrities», ha detto Matt Bai in una recente intervista al «New York Times.
Ma sono anche tempi di guerre tra giornali, di ambizioni di scoop da una parte e dall’altra, stranamente perché ai tempi di Kennedy pare che molte “signorine” si dessero il cambio nella stanza dei bottoni senza che i giornalisti aprissero mai la bocca sull’argomento. Era altra politica, altra modalità, altra complicità.
Hart alla fine si deve inchinare alla nuova realtà di un’America che ti inchioda alle tue responsabilità e ai tuoi errori, lo saprà bene anche Clinton qualche anno dopo. Bravissimo il regista a rendere atmosfere, tensioni, oscurità e drammi della politica americana e, nella vicenda umana, il ruolo della moglie di Hart che resterà al fianco del suo uomo nonostante la pubblica umiliazione. Perché a volte l’amore non ha bisogno di occhi per riconoscersi e tira dritto.
The Front Runner è un pezzo di cinema pungente e avvincente. Se si vuole trovare un difetto al film, lo si può trovare certamente in quella ostinazione del regista nel dipingere in modo bizzarro Hart come se fosse la vittima innocente di un complotto sessuale, nonostante fosse evidente la sua fama di donnaiolo.