Per sostenere la sua famiglia, Maria lavora come trafficante di madri surrogate, trasportandole da un posto all’altro lungo il fiume Volturno, per consegnarle ad un’anziana boss eroinomane. Ma quando una delle ragazze scompare, Maria (Pina Turco della serie televisiva “Gomorra) è incaricata di ritrovarla. Un compito che la costringerà ad addentrarsi in un mondo da cui desidera fuggire. Con “Il Vizio della Speranza”, Edoardo De Angelis ha vinto il premio del pubblico alla 13esima edizione della Festa del cinema di Roma.
Per affrontare il dramma del traffico di bambini, il regista torna nell’ambiguo ambiente del suo precedente lungometraggio “Indivisibili”, la storia di due gemelle siamesi napoletane che aspirano a condurre una vita normale.
Mentre si occupa di problemi di criminalità e di povera gente, De Angelis riesce ad evitare il realismo noioso e prescrittivo tipico dei film di denuncia sociale. Ne Il Vizio della speranza molto lo si deve alle straordinarie musiche e canzoni di Enzo Avitabile e alla performance di Pina Turco. La donna che vende neonati, scopre di essere a sua volta incinta, una prospettiva che non aveva mai immaginato per se stessa a causa di gravi problemi di salute.
Il film, scritto con Umberto Contarello, esprime con forza visionaria la condanna di un mondo che non crede più in nulla, dove la speranza è messa al bando. De Angelis ha spiegato che nel film il corpo è lo strumento principale della narrazione, un veicolo tematico in quanto mostra la bellezza ferita di essere umani in attesa di qualcosa o qualcuno, disperati attaccati a un’ultima speranza; infine, il corpo esprime la volontà dell’anima di sovvertire l’ordine della disperazione, attraverso la resistenza e, al momento giusto, la ribellione”.
Il regista dimostra inoltre di conoscere molto bene Castel Volturno, una terra martoriata dal degrado e dalla disperazione, dove la popolazione immigrata è numerosa e facilmente discriminabile, e dove la criminalità organizzata è ovunque. “Ma per molti è anche un rifugio”, precisa De Angelis. “Vengono qui perché ci sono molte case abbandonate, un controllo blando della legge, un clima buono, il mare”.
25 mila abitanti regolari, 25 mila irregolari. Due eserciti contrapposti che convivono sull’orlo del conflitto scambiandosi soldi, cose, droga, sesso, figli, qualche tenero abbraccio e antiche malattie.
Il simbolismo religioso con i tanti riferimenti cristologici, attualizzando l’immagine della natività, dilaga in modo provocatorio verso il finale, trasformando Maria in un martire, un redentore in stile Maria Maddalena, il cui sacrificio suona nobile quanto ingenuo.
In una terra dove non c’è traccia né di Stato né di futuro, ben venga allora se una faccenda complessa e viziosa come la speranza arrivi sotto forma di richiami evangelici.