Presentato a Le Giornate degli Autori, nell’ambito della 75esima Mostra Internazionale di Arte Cinematrografica a Venezia, One Ocean di Anne de Carbuccia, è un cortometraggio che sa emozionare. Undici minuti di fotogrammi e parole che vogliono coinvolgere i sensi dello spettatore ed inchiodarlo, ispirandolo alla riflessione. Sulle musiche di Ludovico Einaudi, l’artista ambientale Anne de Carbuccia consegna il suo messaggio: la bellezza è ciò che osservandola, vivendola, può avviare un cambiamento del paradigma esistenziale umano, del modo in cui ‘noi’, come specie umana, concepiamo il nostro ruolo sul pianeta.
Da quando il premio Nobel per la chimica atmosferica Paul Crutzen adottò il neologismo Antropocene, coniato negli anni ’80 dal biologo Eugene F. Stoermer, sono trascorsi quasi due decadi. L’Antropocene non è un periodo della scala cronostratigrafica internazionale del tempo geologico, ma è ormai a pieno titolo un significante da tenere bene in mente: coincide con quell’intervallo di tempo che arriva ad oggi a partire dalla rivoluzione industriale del 18° secolo, da quando cioè è iniziato l’ultimo consistente aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell’atmosfera.
Il corto che De Corbuccia presenta è un montaggio di foto e riprese dei viaggi esplorativi: dalle cime più alte, alle profondità ancora incontaminate del Triangolo del corallo, acque marine locate in un’area geografica compresa tra Indonesia, Malesia,Papua Nuova Guinea, Filippine, Isole Salomone e Timor Est; dall’Antartide alle foreste della Siberia. Ogni installazione è il capitolo di una storia che l’artista ha ‘scritto’ in sei anni di ricerca in giro per il mondo, con un solo obiettivo sincero: salvare il pianeta e fissare quanto è necessario nell’interconnessione sottile tra esseri ed ambienti. Raccontare quanto l’oceano sia il nostro migliore alleato, perché da esso proveniamo. Proteggere l’oceano è l’ulteriore tappa del lavoro di sensibilizzazione fino ad oggi svolto da De Carbuccia.
L’oceano mostra ormai i segni evidenti dell’affaticamento indotto dall’azione umana: inquinamento, invasione delle microplastiche, riscaldamento globale, acidificazione, disastri petroliferi, sovrapesca ne sono le cause. Eppure Anne de Carbuccia è convinta che la catastrofe possa essere evitata. Dipende dal sé: ciascuno con la propria azione ed assunzione di responsabilità, senza compromesso, può contribuire alla causa. Bisogna modificare le proprie abitudini.
Le fotografie e le installazioni di De Carbuccia si trasformano in TimeShrines (Sacrari del Tempo), piccoli altari a cui affidare una preghiera di gratitudine, ricordando la sacralità del luogo, ferito eppure ancora capace di trasmettere una indefinibile bellezza. I due simboli antichi e preziosi, una clessidra e la vanitas, sono il fulcro intorno al quale Anne costruisce i suoi sacrari. Quando le abbiamo chiesto perché li avesse scelti, ci ha raccontato di quel bagaglio di reminescenze e conoscenze che l’accompagnano da sempre.
‘‘La vanitas e la clessidra – ci dice – sono simboli a cui sono molto legata. La mia è una formazione classica e le nature morte del seicento mi hanno sempre affascinato. Le mie fotografie però raccontano di una natura che vive. Sono corsa e la clessidra è legata al mare, ai marinai, alla simbologia della sabbia. È uno degli strumenti più antichi per misurare il tempo ed insieme alla vanitas compongono gli altari del tempo. Il teschio, la vanitas, è un simbolo che ho voluto recuperare e sottrarlo alla visione negativa che correnti artistiche contemporanee gli hanno associato. Ci ricorda che siamo mortali, ci racconta della nostra finitezza ma con un aspetto positivo, perché è un simbolo di scelta. Possiamo scegliere in che modo vivere nel periodo che ci è dato. Ho voluto riappropriarmi di questo significato che è andato perso, perché noi dobbiamo e possiamo evolverci, modificare il nostro modo di porci rispetto alle cose.’’
One Ocean non indugia sull’estetica della miseria e del degrado, De Carbuccia lo chiarisce con convinzione, al di là di ogni irragionevole naïvité. ‘Dove c’è bellezza, regna la gioia. La gioia è tutto quello che nutre l’altruismo. Il mio lavoro vuole portare agli occhi la bellezza e quindi trasmettere gioia. Insegnare a guardare con gioia. Siamo in una nuova era in cui dovremo imparare a convivere con AI (Artificial Intelligence). È certo che il suo potenziamento porterà ad un predominio di AI, con quali conseguenze dipende da noi. Cosa accadrà dipende da cosa noi insegneremo ad AI, proprio come si fa con un bambino. In ogni cosa che la specie umana fa c’è una immensa potenzialità, positiva.’
L’aspetto pedagogico nella divulgazione della produzione artistica è una delle prerogative dell’intero percorso di Anne De Carbuccia. ‘Questo progetto – precisa – è dedicato alle generazioni del futuro. Collaboro con vari scienziati. La comunità scientifica oggi non cerca di convincere nessuno della veridicità del cambiamento climatico in atto. Ci dice piuttosto che l’umanità deve adattarsi ai suoi effetti. Le generazioni future dovranno affrontare sfide ben più complesse di quello che le attuali generazioni stanno affrontando. Per prepararle, per ispirare questo cambiamento, lavoro con i bambini. Io sono anche madre. È anche per loro che lo faccio. L’educare per me è fondamentale, avviare un processo evolutivo a livello comportamentale è necessario. Se non ci evolveremo questa specie è destinata a scomparire.’ E con noi, molte altre specie.
Quale impatto possa avere il lavoro artistico sulle decisioni politiche che pure sono quelle che maggiormente incidono sul rallentamento di questa evoluzione necessaria, De Corbuccia lo spiega ribadendo che la sua è una missione pedagogica con al centro il concetto di bellezza. ‘‘Io voglio sedurti. Voglio cambiare la tua attitudine. E lo faccio condividendo la bellezza di ciò che ho cercato e visto. Io non credo nella possibilità di incidere sulle decisioni politiche degli attuali regimi politici. La politica ha fallito. Preferisco concentrarmi su quello che io posso dare. Attraverso i progetti educativi cerco di insegnare i valori cui mi ispiro, affinché siano i valori dei leader di domani. Quelli a cui parlo sono i leader del futuro.’’
I leader di cui De Corbuccia parla sono ancora giovani. Il loro tempo arriverà. A noi oggi non resta che raccogliere il testimone dell’artista e educarci alla bellezza e alla speranza ancora custodite dall’Oceano.