“Una peste percorre la società contemporanea: l’ammansimento. La bestia educata a venire sotto la mano. Siamo ammansiti dalla impossibiltà, dalla frammentazione del lavoro, dal ricatto o del precariato. Isolati e connessi nell’individualismo collettivo e masturbatorio delegato alla rete”. Con queste parole Vinicio Capossela introduce la sesta edizione dello Sponz Fest, dal 21 al 26 agosto a Calitri e in 5 comuni limitrofi dell’Alta Irpinia, che quest’anno si sviluppa intorno al tema del salvaggio, del salvamento, della salvazione, e quello del selvatico in opposizione al mansueto.
“L’ Irpinia prende il suo nome dall’ Hirpos – continua – il lupo nella lingua osco sannita. Terra di selve, di animali e uomini di indole selvatica, come le faine, le volpi e i lupi dell’immaginario totemico locale. Un Fest per s-fasciarsi dall’ idiocrazia. Per praticare la fierezza, a partire dalla fiera non domesticata che è in noi. Per salvarsi inselvatichendo”.
Lo Sponz Fest non è un festival tradizionale, ma un evento di eventi pensato per fare esperienza di sé e degli altri, per indagarsi e indagare, magari per rendersi perplessi attraverso lo sconfinamento, l’attraversamento dei limiti che ci confinano.
“Bisogna allora usare la selvatichezza prima che la bestialità faccia uso di noi, uscire dall’individualismo collettivo e specioso dei social per tentare una socialità comunitaria che nella trasgressione rituale e nell’insubordinazione della festa salvi tutti i suoi partecipanti senza distinzione, prima che tutti ci si perda ognuno nel proprio angolo. Solo dagli altri e dall’altro selvatico dormiente da qualche parte in noi possiamo essere salvati da noi stessi. A cosa rinunciamo, infatti, insieme alla nostra selvatichezza? E per che cosa? Cosa ci fa accettare di essere animali mansueti e cosa rinneghiamo nel selvaggio? Che tipo di risorsa è l’inselvaggimento quando la civiltà assume i caratteri della bestialità?
Lo Sponz Fest, nella sua edizione del 2018, vuole indagare l’oscurità delle selve, l’emersione del rimosso, insomma, l’ampio versante del selvaggio liberatorio che ci salva tutti, approcciandolo lungo molteplici strade: con gli incontri della Libera Università per Ripetenti, con le istallazioni artistiche e gli scatenamenti musicali e festivi, con l’esplorazione dei territori selvatici e, infine, con l’esperienza di una notte selvaggia che evocherà le paure e i rimpianti più ancestrali per esorcizzarli durante il culmine dell’edizione.
Autentici protagonisti dello Sponz 2018 saranno i rappresentanti del popolo Mapuche, che inaugureranno lo Sponz il 21 agosto con una cerimonia di canti e danze propiziatorie. Popolo originario che abita il sud del Cile e Argentina, protettori della Patagonia, i Mapuche sono gli unici indigeni i cui territori sono stati riconosciuti dai conquistatori europei come “nazione” proprio per non essere mai riusciti a conquistarli e che ancora oggi conservano le loro tradizioni e i loro costumi millenari. Saranno allo Sponz per l’intera settimana con i loro riti ancestrali, le musiche e le danze collettive, la preparazione del cibo e la medicina naturale: un autentico programma nel programma. La cerimonia Mapuche sarà il rito perfetto che precederà In-Trance, un grande tributo ad Antonio Infantino, alla sua musica e al suo pensiero con Ago Trance e i Tarantolati di Antonio Infantino, le figlie del maestro recentemente scomparso Victoria, Katrine e Kristina e con la partecipazione di Daniele Sepe. Un set di percussioni e voci, musica elettronica ed altre esperienze legate allo stato di trance, elevazione, estasi, dialogo con la natura, rotazione, pitagorismo, campi d’indagine che hanno accompagnato tutta l’esistenza del Maestro. L’omaggio si chiuderà con la proiezione notturna di The Fabulous Trickster, il docufilm di Luigi Cinque su e con Antonio Infantino.
Momento clou dello Sponz Fest 2018, la “Notte Selvaggia” del 25 agosto, durante la quale l’intero paese, percorso dal “vallone della cupa” a Borgo Castello da uomini-bestia, uomini-alberi, sponzati con pelo e sponzati semplici, diventerà, dal tramonto all’alba, palcoscenico e, al tempo stesso, opera collettiva del rito.