«Mettiamo da parte ogni divisione. La questione più urgente è la libertà. Nessuno può dirci come vestirci, cosa dire, cosa fare. Lo stesso vale per il cinema: nessuno ha il diritto di stabilire che cosa dobbiamo raccontare». Le parole che Jafar Panahi aveva pronunciato lo scorso maggio a Cannes, ritirando la Palma d’oro per Un semplice incidente, risuonano oggi al centro della Festa del Cinema di Roma, che dal 15 al 26 ottobre 2025 gli consegna il Premio alla Carriera.
L’annuncio, dato dal presidente della Fondazione Cinema per Roma Salvatore Nastasi su proposta della direttrice artistica Paola Malanga, ha il peso di un atto politico. Il riconoscimento sarà consegnato da Giuseppe Tornatore, premio Oscar® per Nuovo Cinema Paradiso, durante una serata che si preannuncia come uno dei momenti simbolici della ventesima edizione della Festa.

Panahi, nato nel 1960 a Mianeh, è tra i grandi del cinema iraniano e mondiale. Allievo ed erede di Abbas Kiarostami, ha esordito con Il palloncino bianco (Caméra d’or a Cannes, 1995) e ha firmato opere che hanno segnato una generazione, da Lo specchio (Leopardo d’oro a Locarno, 1997) a Il cerchio (Leone d’oro a Venezia, 2000) e Oro rosso (Premio della Giuria Un Certain Regard, 2003). Arrestato più volte, condannato a vent’anni di divieto di girare e a quattordici di impossibilità di espatrio, ha continuato a creare in clandestinità: This Is Not a Film (2011), Taxi Teheran (Orso d’oro a Berlino, 2015), Tre volti (Prix du scénario a Cannes, 2018) sono diventati emblema di una resistenza artistica che non si piega.
Con Un semplice incidente, nelle sale italiane il 6 novembre distribuito da Lucky Red, ha scelto per la prima volta dopo quindici anni di non apparire in scena, firmando però un film che unisce tensione etica e libertà formale. La storia, che mette a confronto ex detenuti politici e il loro carceriere, è un attacco diretto alla repressione che segna l’Iran di oggi e un nuovo capitolo della sua ricerca radicale.