The Lord of the Rings: The War of the Rohirrim, nelle sale dal dicembre 2024, è un viaggio epico quanto inaspettato nel cuore della Terra di Mezzo, una mitologia che sembrava essersi assopita dopo il controverso epilogo della trilogia de Lo Hobbit. È un ritorno, ma non solo: è una reinvenzione. Non è semplicemente un film d’animazione ambientato nel mondo di Tolkien, ma un’opera che mescola nostalgia e innovazione, tradizione e rottura.
Se da un lato richiama il respiro epico della trilogia cinematografica di Peter Jackson, dall’altro si eleva in un territorio inedito, grazie alla direzione visionaria di Kenji Kamiyama. Il regista giapponese porta nel mondo di Tolkien un’estetica anime che non solo amplifica le battaglie, le emozioni e i paesaggi di Rohan, ma scava nelle pieghe del mito per restituire il senso di un mondo instabile, fluido, dove la storia è al contempo inarrestabile e fragile.
Ambientato due secoli prima degli eventi de Il Signore degli Anelli, il film racconta la storia di Helm Hammerhand, leggendario re di Rohan. Ma al centro dell’opera c’è un personaggio nuovo: Héra, la figlia di Helm, figura appena accennata negli scritti di Tolkien ma che qui prende corpo, diventando il fulcro emotivo e narrativo della vicenda.
Héra non è solo una protagonista femminile, è un simbolo della lotta contro i destini imposti. Il suo rifiuto di piegarsi a un matrimonio politico con Wulf, figlio del signore Dunlending Freca, scatena un conflitto che condurrà il regno di Rohan sull’orlo della distruzione. La sua ribellione, però, non è quella di un’eroina monodimensionale: Héra è feroce, vulnerabile, inquieta. Il suo viaggio non è solo quello di una principessa guerriera, ma quello di un individuo che cerca di comprendere il proprio ruolo in un mondo che le nega l’autonomia.E qui sta la tensione centrale del film: il confronto tra un destino scritto e la possibilità di cambiarlo. Tra le mura della Hornburg, futura Helm’s Deep, la battaglia per Rohan diventa anche la battaglia per un’identità.
La regia di Kenji Kamiyama è un ponte tra due mondi. Da una parte, il rispetto per l’estetica e il design della trilogia di Jackson; dall’altra, l’immaginario potente e surreale dell’animazione giapponese. Kamiyama non si limita a ricostruire la Terra di Mezzo, ma la reinterpreta attraverso un linguaggio visivo che mescola realismo e fantastico, come in una danza continua tra sogno e realtà.
Ci sono momenti che catturano l’essenza di Tolkien con una freschezza visiva unica: i cavalieri di Rohan che galoppano nelle pianure sferzate dal vento, la fortezza della Hornburg che si erge come baluardo di speranza, gli eserciti che si scontrano in battaglie coreografate come opere d’arte. Ma Kamiyama non si limita a riprodurre. Ci porta altrove, in un territorio dove la realtà si piega all’immaginazione: olifanti impazziti che si scontrano con creature abissali, troll che si muovono nella neve come mostri delle leggende, il tutto accompagnato da un’animazione che fonde 2D e 3D in un’estetica pulsante, dinamica, viva.
Al cuore di The War of the Rohirrim c’è un tema ricorrente nella Terra di Mezzo: la ciclicità della storia. L’assedio della Hornburg prefigura quello di Helm’s Deep, e le azioni di Helm Hammerhand gettano le basi per il destino del suo popolo. Ma questa ripetizione non è statica. È una riflessione sull’instabilità delle cose, su come i confini tra eroismo e tragedia siano labili, quasi inesistenti.
Helm non è un re senza macchia. La sua ira, il suo orgoglio, sono all’origine della guerra. Allo stesso modo, Héra non è una protagonista infallibile: il suo coraggio si mescola alla paura, la sua forza al dubbio. E in questa complessità, il film trova il suo respiro più autentico.
Non tutto, però, scorre liscio. La sceneggiatura, firmata da Jeffrey Addiss, Will Matthews, Phoebe Gittins e Arty Papageorgiou, a volte si adagia su tropi prevedibili. Héra, pur affascinante, rischia di apparire come l’ennesima “Strong Female Lead” priva di vera profondità. Anche Helm, interpretato con gravitas da Brian Cox, non riesce sempre a emergere come figura indimenticabile.Le battaglie, per quanto spettacolari, evocano troppo da vicino quelle già viste ne Le Due Torri. L’ombra della trilogia di Jackson è palpabile, e a volte pesa come un confronto ingombrante.
The Lord of the Rings: The War of the Rohirrim è un’opera che merita attenzione. È un esperimento audace, che cerca di ampliare i confini della Terra di Mezzo attraverso un linguaggio nuovo. È un film che celebra l’instabilità delle storie e dei personaggi, che si muove tra tradizione e rottura, che invita il pubblico a riscoprire il mondo di Tolkien con occhi nuovi. Si erge tra passato e futuro, tra memoria e possibilità, un baluardo che resiste nonostante le crepe. E alla fine, forse è questo il messaggio più potente: che anche nella fragilità c’è spazio per l’epica.
Il Signore degli Anelli: La Guerra dei Rohirrim è al cinema dal 1° gennaio 2025, distribuito da Warner Bros. Pictures.