C’è un’America divisa, un Paese che sembra camminare su una corda tesa tra speranza e disperazione. È un’immagine forte, quasi cinematografica, e Alec Baldwin ne conosce bene le sfumature. Non solo come attore che ha attraversato generi e decenni, ma come osservatore del mondo contemporaneo, Baldwin ha saputo trasformare la sua carriera in un riflesso delle tensioni sociali del suo tempo.
Baldwin diventa il cantore del grande schermo, un’arte che, a suo dire, sa colmare i silenzi assordanti della società contemporanea. Con il suo linguaggio universale, il cinema diventa un megafono per temi cruciali come il cambiamento climatico e le disuguaglianze. Non a caso, Baldwin lo definisce una “torcia nella nebbia”, capace di illuminare ciò che i media oscurano.
Tornando alle sue radici cinematografiche, Baldwin ricorda con affetto uno dei suoi ruoli più iconici: Jack Ryan in Caccia a Ottobre Rosso (1990). Un debutto hollywoodiano da favola, iniziato proprio nel giorno del suo compleanno, accanto a leggende come Sean Connery. “Connery era un gigante. Poteva recitare la lista della spesa e renderla un capolavoro,” scherza Baldwin, con il sorriso di chi sa di aver vissuto un pezzo di storia del cinema.
Ma Caccia a Ottobre Rosso è molto più di un semplice thriller per Baldwin. È una metafora delle tensioni geopolitiche di ieri e di oggi. La paranoia della Guerra Fredda e il gioco di potere tra superpotenze risuonano ancora nell’America contemporanea.
“Il cinema ha il potere di fare la differenza,” insiste Baldwin, evocando immagini di un futuro dove l’energia solare e i parchi eolici saranno la norma. Un po’ sognatore, un po’ pragmatico, vede ogni film come un’opportunità per educare e ispirare.