Cosa accade quando il sogno di una vacanza si trasforma in un incubo? Quando una valanga travolge non solo un hotel, ma i legami, le vite e le speranze di intere famiglie? E Poi il Silenzio – Il Disastro di Rigopiano, la nuova docuserie Sky Original, ci porta dentro una tragedia, facendoci sentire il gelo, il buio, la paura, ma anche la forza e la dignità di chi resta.
Diretta da Paolo Negro e creata insieme a Pablo Trincia e Debora Campanella, la serie si sviluppa in cinque episodi e arriverà sui nostri schermi dal 20 al 22 novembre, in esclusiva su Sky TG24, Sky Documentaries, Sky Crime e in streaming su NOW. È una produzione che mescola immagini inedite, testimonianze dirette e una narrazione che scuote e commuove.
La docuserie non si limita a raccontare l’evento tragico della valanga che il 18 gennaio 2017 ha distrutto l’Hotel Rigopiano, uccidendo 29 persone e lasciandone 11 miracolosamente vive. È anche un omaggio alla vita che scorreva dentro quelle mura, ai sogni di chi cercava relax in una location incantevole, e a quello di Roberto Del Rosso, che aveva immaginato l’hotel come un simbolo di riscatto e valorizzazione del territorio.
“Dentro quell’hotel potevamo esserci tutti noi”, ha dichiarato Pablo Trincia. “È una storia di famiglie, di coppie, di legami spezzati. Era fondamentale trasmettere questa sensazione. È il dramma umano che doveva arrivare al pubblico.”
E ci arriva, senza compromessi. Le emozioni delle persone coinvolte sono state il cuore pulsante della narrazione, affrontate con rispetto e senza cedere alla tentazione della “tv del dolore”. “Il dolore è parte della storia”, ha sottolineato Trincia. “Non si può ignorarlo. Altrimenti racconti solo la cronaca di una valanga. Gli spettatori devono sentire fisicamente la paura, il freddo, l’angoscia”.
La valanga che ha travolto Rigopiano è una presenza silenziosa e quasi astratta nella docuserie. Come spiega il regista Paolo Negro, nessuna delle persone coinvolte è riuscita a raccontarla pienamente. “È un evento che ha spiazzato tutti, persino noi. Non c’è nessuna immagine, nessuna testimonianza visiva. È rimasta un’ombra nella memoria collettiva”.
Per rendere questa assenza tangibile, il team ha lavorato con materiali audiovisivi intensi e simbolici, proiettando i video delle vittime sulle macerie dell’hotel, creando animazioni suggestive per trasmettere l’angoscia e il trauma. “Abbiamo voluto che lo spettatore fosse lì,” aggiunge Trincia. “Era un ambiente pieno di vita, di risate, trasformato in un luogo di morte in pochi secondi. È stato difficile da elaborare, anche per noi che lo raccontavamo”.
Uno degli aspetti più complessi del progetto è stato affrontare le storie personali delle vittime e dei sopravvissuti. “È stato un bombardamento emotivo continuo”, ha confessato Trincia. Tra le testimonianze, spicca quella di Giampaolo Matrone, uno degli undici sopravvissuti, e di Marco Foresta, che ha perso entrambi i genitori nella tragedia. È la storia di un padre che lotta, di un amore incredibile. E Marco… quando ci ha mostrato la busta con gli oggetti dei suoi genitori, è stato un momento di enorme difficoltà emotiva. È impossibile restare indifferenti.
Eppure, non c’è mai morbosità. La squadra ha scelto di lasciare fuori dettagli troppo crudi o legati alla medicina legale. “Non ci interessava”, dice Trincia. “Ma quando qualcuno ti racconta il proprio dolore, lo lasci fare. È l’unico modo per restituire la verità”.
Trincia ha raccontato che l’idea di dedicarsi alla tragedia di Rigopiano è nata dalla richiesta del pubblico. “In tanti mi hanno scritto per chiedermi di raccontare questa storia. Ho capito che c’era un’esigenza, una domanda aperta. Perché questa storia tocca corde profonde, parla a tutti”.
Tra i desideri espressi, anche l’idea che l’hotel Rigopiano possa diventare un memoriale, un luogo dove ricordare le vite spezzate e celebrare i ricordi di chi non c’è più.
Come ha dichiarato il direttore di Sky TG24, Giuseppe De Bellis: “È un progetto maturo e completo, dove il giornalismo incontra la vita e trasforma ogni storia in qualcosa di unico”. Preparatevi a sentire il gelo, il dolore, ma anche l’amore e la speranza. Perché “E Poi il Silenzio” non lascia spazio all’indifferenza. E questo è il suo più grande merito.