Con “Discover II“, uscito l’8 novembre, Zucchero torna con un album di cover storiche che esplora ancora più a fondo le sue influenze musicali e le canzoni che hanno accompagnato la sua carriera e la sua vita. Dopo il primo “Discover“, l’artista ha capito che il progetto non poteva fermarsi lì. “Quando ho concluso il primo capitolo mi sono reso conto che c’erano ancora tante canzoni che mancavano all’appello,” racconta Zucchero. Da qui, insieme al suo storico collaboratore Max Marcolini, ha deciso di addentrarsi in una seconda esplorazione, portando in scena altri brani che per lui rappresentano tappe importanti di un percorso musicale che continua a evolvere.
Ogni traccia di “Discover II” racconta una storia, un’emozione o un ricordo, trasformando il disco in una sorta di diario musicale. “È stato un lavoro lungo,” spiega, “perché volevo che ogni canzone suonasse come se fosse mia. Io sono soddisfatto e spero che questo nuovo album vi piaccia”. Il suo approccio è stato quello di fare sua ogni nota, lavorando su arrangiamenti e interpretazioni che trasformano i pezzi originali in nuove opere, senza perdere il rispetto per gli autori e il senso delle composizioni originali.
L’album si apre con “Amor che muovi il sole“, una canzone che rappresenta la libertà artistica di Zucchero nel reinterpretare senza limiti. Ispirata a “My Own Soul’s Warning” dei The Killers, il brano non è una semplice traduzione in italiano, ma una riflessione personale sull’amore universale. “Mi piaceva partire da questo concetto,” spiega l’artista, che ha voluto fare del testo una sorta di preghiera d’amore. “L’ho trasformato in qualcosa di più profondo, una riflessione sul senso dell’amore che muove il mondo”. Un esperimento che non sarebbe stato possibile senza il coraggio di distaccarsi dall’originale per creare qualcosa di completamente nuovo.
Un altro brano che Zucchero ha adattato in italiano è “Chinatown” dei Bleachers, canzone che nella versione originale includeva una collaborazione con Bruce Springsteen. “Mi era piaciuta molto la versione con Springsteen,” ricorda Zucchero, “e mi sono chiesto come l’avrei reinterpretata.” Il risultato è “Una come te“, un adattamento che, grazie al tocco personale di Zucchero, diventa un pezzo romantico e malinconico, capace di parlare al cuore del pubblico italiano con il linguaggio diretto e profondo che da sempre caratterizza la sua scrittura.
Ma le sorprese non finiscono qui. “Discover II” è un viaggio che tocca voci e stili diversi, passando per le sonorità degli U2, l’intensità di Eddie Vedder, fino alla poetica senza tempo di Bob Dylan. Sono canzoni che Zucchero ha scelto con cura e che per lui “giustificano da sole la loro presenza in questa scaletta”.
Tra le tracce che arricchiscono questo nuovo progetto c’è anche un sentito omaggio a Ivan Graziani con la sua “Agnese“, un pezzo che Zucchero definisce con orgoglio come uno dei momenti più belli di “Discover II”. “Mi è venuta particolarmente bene,” ammette l’artista, “è un brano che sento molto mio e che ho voluto interpretare con grande rispetto”.
Un momento speciale durante la realizzazione del disco è stato l’incontro con Russell Crowe. Racconta l’artista: “A luglio sono stato invitato da Andrea Bocelli al suo festival a Lajatico,” racconta Zucchero, “e lì ho incontrato Russell Crowe.” Da quell’incontro, quasi per caso, è nata l’idea di coinvolgere l’attore neozelandese in uno dei brani dell’album. La loro collaborazione si concretizza in “Just Breathe“, che diventa una delle tracce bonus della versione deluxe di “Discover II“. “È stata un’esperienza unica, Russell è un artista straordinario,” confida Zucchero. La canzone, già emozionante nella sua essenza, assume così una nuova dimensione, fatta di voci e interpretazioni che si intrecciano in una versione intima e toccante.
Siamo di fronte a un’opera che è molto più di una raccolta di cover: è il ritratto di un artista che si confronta con il passato, lo rinnova, e lo restituisce al pubblico con la sincerità e la profondità che solo la musica può trasmettere. Un invito a riscoprire insieme a lui quelle canzoni che, come dice lui stesso, “non potevano mancare all’appello”.