Il MedFilm Festival celebra i suoi primi trent’anni, un compleanno che racconta una storia di cinema, incontri e dialogo tra culture nel cuore di Roma. Nato dall’idea e dalla passione di Ginella Vocca, questo festival è diventato un punto di riferimento per le cinematografie del Mediterraneo, l’unico in Italia che da tre decenni raccoglie storie e voci da sponde diverse del “Mare Nostrum”. E per festeggiare un anniversario così significativo, l’edizione 2023 si prospetta più ricca che mai: dal 7 al 17 novembre, cinema come The Space Cinema Moderno, Teatro Palladium e Casa del Cinema, insieme al Maxxi, si animeranno di proiezioni, dibattiti e momenti di confronto.
Ma oltre alla varietà, c’è anche qualche novità interessante: per la prima volta, il Premio Koinè sarà assegnato a un regista, Matteo Garrone, che durante la cerimonia di premiazione del 13 novembre presenterà Io capitano. La scelta di un regista così iconico per questo premio sembra quasi un simbolo, a ribadire l’importanza di storie radicate in culture diverse, ma capaci di parlare a tutti. Quest’anno, poi, si assegna anche il Premio alla Migliore Coproduzione EuroMediterranea nel concorso ufficiale, un riconoscimento che valorizza progetti nati dalla collaborazione tra paesi diversi ma uniti dalla stessa area geografica e storica.
Il concorso di quest’anno si apre con un film che promette di lasciare il segno: Everybody Loves Touda di Nabil Ayouch, candidato del Marocco agli Oscar 2025, racconta il sogno di una cantante tradizionale di costruirsi un futuro a Casablanca. Il film non è solo una storia di ambizione e speranza, ma anche uno spaccato di come la tradizione e la modernità si incontrano – o scontrano – in una metropoli in continua trasformazione. A seguire, una serie di titoli provenienti da diversi angoli del Mediterraneo, ognuno con uno sguardo originale su temi universali: Boomerang dell’iraniano Shahab Fotouhi esplora i sentimenti e le relazioni a Teheran; Sulla terra leggeri di Sara Fgaier e I diari di mio padre di Ado Hasanovic portano l’Italia nel concorso, il primo come racconto emotivo e romantico, il secondo come documentario sulla memoria e le ferite lasciate dalla guerra in Bosnia.
Il tema della maternità trova spazio con due film particolari: Who Do I Belong To della tunisina Meryam Joobeur e Salve Maria della spagnola Mar Coll, entrambi capaci di affrontare la complessità di questo legame con uno sguardo lucido e profondo. Non mancano poi film che esplorano questioni sociali e politiche, come il francese Les Fantomes di Jonathan Millet, un thriller di spionaggio ambientato sullo sfondo del conflitto siriano, e No Other Land, premiato come miglior documentario alla Berlinale 2024, che racconta la resistenza in Cisgiordania.
In questa edizione, le opere prime si fanno notare, segno di una continua vitalità nel cinema mediterraneo. Molti di questi film troveranno una distribuzione in sala, segno che il festival non è solo una vetrina, ma anche un trampolino di lancio per autori emergenti e storie che altrimenti resterebbero invisibili. I temi spaziano tra memoria, sogni e ambiente, tutti raccontati con un linguaggio che sa essere universale, capace di parlare a pubblici diversi.
La sezione Atlante continua a esplorare le realtà mediterranee, con titoli come From Ground Zero di Rashid Masharawi, un progetto collettivo che narra la vita e le sfide quotidiane degli abitanti di Gaza; Aicha di Mehdi Bersaoui dal Tunisia, una storia che promette di toccare il cuore degli spettatori; e Breath di Ilaria Congiu, insieme a Passing Dreams e Il manoscritto del principe di Roberto Andò. C’è un filo conduttore che attraversa tutte queste opere: raccontare il Mediterraneo non solo come una serie di paesi e lingue, ma come un mondo di relazioni, tensioni e speranze condivise.
La retrospettiva Mediterranea di quest’anno rende omaggio a quattro registe che hanno segnato la storia del festival: Kaouther Ben Ania e Layla Bouzid dalla Tunisia, Soudade Kaadan dalla Siria e Maryam Touzani dal Marocco. Quattro sguardi potenti e visionari, che dimostrano come il cinema femminile sia in grado di raccontare il Mediterraneo da prospettive nuove, senza stereotipi e con una sensibilità unica.
Infine, la sezione “Le perle” mette in luce alcune delle produzioni italiane più interessanti: Butterfly, Californie e Vittoria di Alessandro Cassignoli e Casey Kauffman, L’occhio della gallina di Antonietta De Lillo, Basileia di Isabella Torre e Il complottista di Valerio Ferrara. Tra le masterclass, c’è grande attesa per quella di Rashid Masharawi, un’opportunità unica per gli spettatori di entrare nel mondo creativo di un regista che ha fatto della narrazione del Mediterraneo una missione.