Il film Leggere Lolita a Teheran, diretto dal regista israeliano Eran Riklis e tratto dall’omonimo romanzo di Azar Nafisi, offre una profonda riflessione sul potere della letteratura e il suo impatto sull’individualità e la resistenza, in un contesto di oppressione e rivolgimenti politici.
Ambientato in un Iran rivoluzionario, il film segue Nafisi, ex professoressa di letteratura inglese, che organizza incontri segreti con un gruppo di giovani studentesse per discutere di classici della letteratura occidentale, banditi dal regime islamico. La scelta di Riklis di adattare questa storia non è solo una testimonianza delle difficoltà storiche, ma una potente rappresentazione del conflitto tra il desiderio di libertà e la repressione politica.
Riklis ha dichiarato che il libro Leggere Lolita a Teheran lo ha colpito profondamente. “Era una sfida meravigliosa ed emotiva raccontare una vicenda così intima di donne in Iran”, afferma il regista, che vede nella storia una lotta universale, capace di rispecchiare le battaglie umane per la dignità e la libertà. “Il film è una corsa sulle montagne russe attraverso un microcosmo di ansia e paura, ma soprattutto di speranza e amore”, prosegue, sottolineando l’importanza delle emozioni personali in un quadro storico più ampio.
Il film è ambientato negli anni 1978-1979, durante il tumultuoso passaggio dal governo dello scià alla teocrazia di Khomeini. La protagonista, interpretata con sensibilità dall’attrice iraniana Golshifteh Farahani, incarna una figura di resistenza culturale: una donna appassionata di letteratura, che sfida il regime con la sola forza dei libri e delle idee.
Nel piccolo spazio protetto della sua casa, Nafisi e le sue allieve trovano conforto e speranza nella lettura di autori come Nabokov e James, malgrado fuori imperversi la repressione. Le lezioni diventano un atto di resistenza contro la crescente oppressione, un filo sottile che tiene vive la loro umanità e il loro desiderio di un futuro diverso.
Uno degli aspetti più potenti del film è l’analogia tra gli eventi storici del passato e l’attualità. Durante la conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma, sia Nafisi che Riklis hanno richiamato l’attenzione sulle recenti proteste in Iran, scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Le tematiche affrontate, come la repressione delle donne e il diritto alla libertà personale, trovano un’eco tragica nelle vicende odierne. “Sì, è vero, loro uccidevano il loro popolo”, afferma Nafisi, precisando però come anche l’Occidente rischi una sorta di “atrofia del sentire”. Le sue parole sono un monito: la battaglia per la libertà non riguarda solo l’Iran, ma il mondo intero.
La storia delle donne di Nafisi non sfocia mai nel melodramma, ma si concentra sulla loro lotta interiore e sulla ricerca di un senso in un mondo che cerca di negare loro ogni forma di espressione. Spiega il regista: I personaggi lottano contro la solitudine mentre affrontano priorità, decisioni e conseguenze critiche a ogni livello”.
Il regista avrebbe potuto dare maggiore spazio al potere salvifico della letteratura, una delle tematiche centrali del romanzo di Nafisi. Dare più spazio alle parole dei grandi autori occidentali come Nabokov e James, che rappresentano una via di fuga e di resistenza per le protagoniste.
Durante la conferenza stampa, Riklis ha anche affrontato il tema della pace, rispondendo a domande sulla sua esperienza personale durante la guerra del Yom Kippur nel 1973. “Sono preoccupato per Israele, Iran, Libano, i Palestinesi, sono preoccupato per così tanti popoli nel mondo”, ha detto il regista, concludendo con una nota di speranza: “Penso che a un certo punto, ci voglia una persona per cambiare tutto. Non so chi sia, non so da dove venga, ma accadrà”.
Leggere Lolita a Teheran, che uscirà nei cinema il 21 novembre 2024, non è solo un adattamento cinematografico di un romanzo di successo. È un film che, con la sua forza emotiva e il suo impegno politico, invita lo spettatore a riflettere sulla resistenza individuale contro la tirannia, sull’importanza della cultura come strumento di libertà e, soprattutto, sulla necessità di sentirsi parte di un cambiamento più grande.