In una delle tante notti senza volto della quarantena, il destino di Irene viene improvvisamente sconvolto da una chiamata inaspettata. Sullo schermo del suo telefono compare il nome di Pietro, il suo ex, una voce da cui si è tenuta lontana per mesi. La loro storia d’amore è ormai giunta al termine, ma le parole confuse e disperate di Pietro lasciano presagire un atto estremo. Irene, pur titubante, decide di non riattaccare. Intraprende così un viaggio attraverso una città spettrale, con la speranza di raggiungere Pietro prima che sia troppo tardi.
“Non Riattaccare” è l’opera seconda di Manfredi Lucibello, Tutte le mie notti, Bice Lazzari – Il ritmo e l’ossessione, un regista fiorentino classe 1984, che ci trascina in una notte intensa e carica di tensione. Il film, presentato al Biografilm Festival, e nelle sale dall’11 luglio distribuito da I Wonder Pictures, si distingue per la sua originalità e la capacità di coinvolgere gli spettatori dall’inizio alla fine.
Sulle musiche originali di Motta, la trama essenziale si svolge nell’abitacolo di un’auto senza soluzione di continuità. La protagonista, interpretata da Barbara Ronchi, si trova a dover compiere un salvataggio indifferibile, un’impresa che si rivela tanto più complicata in una città deserta durante il lockdown.
Il regista Lucibello, affiancato da Jacopo Del Giudice nella scrittura, riesce nell’arduo compito di mantenere gli spettatori incollati al volante, rendendo il soccorso di Irene avvincente e coinvolgente. Barbara Ronchi, premiata con il David di Donatello per “Settembre”, nel ruolo di Irene, riesce a far immedesimare gli spettatori nella sua missione. La sua interpretazione intensa e toccante dona profondità al personaggio, rendendo palpabile l’angoscia e la determinazione di Irene.
Manfredi Lucibello dimostra con “Non Riattaccare” una notevole abilità nel costruire tensione e suspense, sfruttando al meglio l’ambientazione minimalista per creare un’atmosfera claustrofobica e carica di emozioni. La città deserta, illuminata solo dai fari dell’auto di Irene, diventa un personaggio a sé, riflettendo lo stato d’animo della protagonista e amplificando il senso di urgenza e isolamento.
Il film non solo racconta una storia di disperazione e speranza, ma offre anche uno spaccato della vita durante la pandemia, evidenziando le sfide emotive e psicologiche che molti hanno affrontato in quel periodo.
“Non riattaccare è un thriller, ma è anche una storia d’amore”, precisa il regista Lucibello. “Credo che dietro ogni storia d’amore ci sia sempre un elemento di tensione, un po’ come in un thriller. È un viaggio che coinvolge un telefono, una notte e una vita da salvare. Pochi hanno la fortuna di incontrare interpreti del calibro che abbiamo avuto in questo film”.
Barbara Ronchi sul sul personaggio commenta: “Irene è una donna che viene svegliata nel cuore della notte dalla voce di un uomo che le chiede di rimanere al telefono. Sarà lei, a un certo punto, a chiedere a quest’uomo di non riattaccare perché ha delle cose importanti da dire. Parte con la sua macchina per cercare di raggiungerlo e dare una conclusione alla loro storia”.
Per approfondire ulteriormente l’esperienza di “Non Riattaccare” e scoprire i retroscena della sua creazione, potete guardare l’intervista al regista e alla protagonista del film al seguente link.