“Rosalie” è una donna bella, dolce e con barba. La conquista dell’amore del suo uomo e il rapporto con la società sono i temi che percorrono il film di Stephanie Di Giusto che uscirà nelle sale italiane il 30 maggio,presentato nella sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2023 e nella sezione Perlas al San Sebastian IFF 2023.
“Rosalie”, prodotto da Wanted, è un film carico di emozione e di sentimenti forti, dalla tenerezza alla violenza, che fa parteggiare per la coppia protagonista, interpretata da Nadia Tereszkiewicz e Benoît Magimel.Il tour nelle sale a cura di Wanted Cinema inizia il 19 maggio al Cinema Barberini alla presenza della protagonista Nadia Tereszkiewicz.
Bretagna fine Ottocento
Ci sono pochi raggi di sole nel film di Di Giusto, ambientato in Bretagna, in una provincia francese cupa di fine Ottocento, in una stagione di muschi e di piogge e corsi d’acqua. Una vera fucina abbandonata, un paese di case di pietra, un paesaggio naturale. Il vero raggio di sole che illumina la cittadina è Rosalie, , una giovane donna che viene data in sposa con congrua dote dal padre ad uno sfortunato gestore di un cafè, coperto di debiti, Abel, ovvero Benoît Magimel. Lei è graziosa ed emana dolcezza.
Ha occhi buoni, colori chiari, nella pelle, nei capelli e negli abiti di eleganza raffinata che si confeziona da sola. Si staglia luminosa sulle acconciature modeste e gli abiti castigati delle donne intorno a lei. Lui è un uomo piacente, essenziale, nasconde la deformazione della schiena dovuta alla guerra sotto un busto che è una tortura, si esprime nella tassidermia. Ma l’accordo matrimoniale, è evidente, cela un mistero.
Sotto la cipria si svela il mistero
Sotto le trine e sotto la cipria, il corpo e il viso di Rosalie celano un morbido strato di peli. In un incontro prima timoroso poi doloroso, la prima notte di nozze di Abel e Rosalie è una confessione lacerante e un contatto spiazzante con la verità. Una verità presente fin dalla nascita di Rosalie e sempre occultata dal padre, che si occupava di radere la figlia. In questa lotta con il proprio aspetto, con la vergogna e lo stigma, con l’insicurezza Rosalie è cresciuta ed è arrivata all’età adulta. Il marito si sente ingannato e tradito, ma non la scaccia di casa, le lascia la propria camera e lui si ritira sul divano.
Un lento avvicinarsi anche tra gli attori protagonisti
È interessante sapere, come la regista abbia obbligato i due attori a conoscersi non prima ma direttamente sul set del film durante le riprese, e quindi a immedesimarsi il più possibile nella relazione tra i due protagonisti, ottenendo così una grande efficacia nel tessuto emotivo che accompagna la storia. Separati in casa, i due cominciano a destare la curiosità dei paesani, mentre Rosalie acquista sempre più disinvoltura nei loro confronti, fino al punto di scommettere sulla loro incredulità e decidere di mostrarsi come veramente è.
Rosalie è convinta di poter gestire la situazione e di contribuire così a far accorrere clienti al cafè del marito, risollevandone le sorti. Più in profondità, la scommessa è con se stessa, stanca di doversi nascondere e desiderosa di vincere la sfida contro il rifiuto da parte della società. Dietro a questo personaggio c’è lo spunto di una storia vera, “una donna straordinaria, Clémentine Delait, una donna con barba che divenne famosa all’inizio del XX secolo”, afferma la regista.
Una donna che aiutò il marito nella conduzione di un cafè e che divenne altamente rispettata. Ma qui Di Giusto va oltre. Inventa una donna che “si libera abbracciando la propria barba” e che vuole esplorare i sentimenti e il desiderio. Una storia di “amore incondizionato”, una storia di liberazione che per forza di cose, per chi è outsider come Rosalie, non può essere nei canoni ordinari.
Outing di successo, provvisorio.
Dunque, nonostante la prudenza a cui la invita il marito convivente Abel – “attenta, la gente all’inizio sarà curiosa ma poi potrebbe finire male” – Rosalie si cuce un elegante abito per l’occasione e si manifesta, bellissima e barbuta, al folto pubblico che l’attende. Attoniti dalla sua apparizione restano impietriti. Ma l’energia pulita e convincente che Rosalie emana compiono il miracolo, e parte una stagione di ammirazione e innamoramento collettivo nei suoi confronti. Sia le donne sia gli uomini sono affascinati da questa singolare creatura, pienamente donna, con un richiamo ancestrale sul suo viso. Tutti, o quasi tutti l’ammirano. Perché l’invidia, la cattiveria, le frustrazioni personali covano sotto la cenere fino a divampare.
Dopo una stagione idilliaca, il vento cambia e così la sorte della coppia. Con la scusa di sostenere l’impresa famigliare, Rosalie anziché far scomparire la sua barba in una quasi normalità, ne fa lo strumento per proporsi come fenomeno, da circo o da fotografie per la stampa, peraltro in abiti discinti.
Nel suo disperato tentativo di affrancarsi, si lega sempre più a ciò che la rende diversa e che pure lei non detesta, ma quasi ama. Un incendio in paese viene imputato al clima di dissolutezza e al consumo di alcolici nel cafè di Abel e legato alla presenza di Rosalie. Infine il suo outing le si ritorcerà contro quando, sostenuta e incoraggiata dal marito, cercherà di avviare un percorso di adozione.
“Rosalie” è un film di rara intensità
Ma se la società diventa il mostro, che Rosalie è accusata ingiustamente di essere, Abel è sempre più conquistato dalla tenerezza e dalla bellezza della moglie, dalla sua disperata lotta per esistere nella sua identità. Le due fragilità si incontrano in modo indissolubile, vera conquista della storia di Rosalie e Abel.
“Rosalie” è un film di rara intensità e raro equilibrio. Un film sulla ricerca del sè e sullo stigma sociale, che può scattare oggi per molto meno ma con uguale violenza. Sicuramente è anche un film sul cercarsi in amore. Splendidi gli attori protagonisti, che portano nei propri personaggi il dolore e la tenerezza, propri di coloro che sono carichi di umanità