Il titolo fa venire in mente Rocco e i suoi fratelli.Siamo nel 1960, la famiglia (in questo caso Parondi) era ancora quella tradizionale e la disgregazione, dopo la morte del padre lucano, a Milano non tardava ad arrivare. I fratelli erano cinque ed erano tutti figli della stessa madre e dello stesso padre. Qui sono sei (non sono tutti maschi) e l’unione non c’è mai stata: hanno madri diverse e solo alcuni sono figli biologici dello stesso padre, una neanche la conoscono, c’è chi vive a Roma e chi è francese. Insomma la famiglia dei nostri giorni è più che allargata, ma anche qui la disgregazione o meglio i conflitti non mancano, anzi.
Unico fil rouge: la stessa figura paterna di riferimento di nome Manfredi Alicante, interpretato da Gioele Dix, un uomo molto carismatico che ha lasciato la sua “bella” eredità da gestire, quella economica con lasciti di parecchi debiti, nessun’ostrica e un’unica perla, ma soprattutto quella emotiva ben più pesante da affrontare.
L’idea di realizzare il ilm, Sei Fratelli, nelle sale dal 1 maggio con 01 Distribution, il regista Simone Godano ha tratto spunto da una conversazione con un amico su famiglie “allargate”, e ha notato la diversità e le complessità delle relazioni familiari moderne, che ha ispirato la creazione della famiglia Alicante nel film.
I protagonisti ovvero Marco, Guido, Leo, Luisa, e i due francesi Gaelle e Mattia, rispettivamente interpretati da Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Valentina Bellè, Claire Romain e Mati Galey proveranno a fare i conti con il loro passato dopo la morte del padre ritrovandosi tutti insieme per la prima volta nella casa paterna a Bordeaux, nonché in uno studio notarile. Con loro ci sarà anche la moglie di Marco e anche ex di Leo interpretata da Lidia Caridi.
Arrivato al suo quarto film, Simone Godano, l’ultimo Marilyn ha gli occhi neri è uscito nel 2021, è stato affiancato nella scrittura da Luca Infascelli, e non più dalla sua sodale Giulia Steigerwalt. In questo modo tenta di internazionalizzare e di espandere non solo gli orizzonti familiari, ma anche quelli geografici. Ma ci riesce? In realtà, non molto. E non solo sul piano pratico: infatti, gran parte del film (oltre il 90% delle scene) è stato girato all’Olgiata e la produzione è completamente italiana, con Groenlandia e il solito Matteo Rovere, produttore di lunga data dei suoi film, insieme a Rai Cinema. Ma c’è anche un problema più grave a livello di contenuto.
Lontano anni luce (non solo cronologicamente) dall’illustre antecedente prima citato film di Luchino Visconti, Godano vira verso toni più mucciniani (e non detti alla Perfetti sconosciuti di Genovese): scenate, sbronze, liti e così via fino ai ritrovamenti. Ma molto è già appunto stato fatto dal maestro di questo genere: Gabriele Muccino. Godano tuttavia sceglie di lasciare aperti alcuni nodi narrativi, lasciando che lo spettatore rifletta sulle sfumature e le ambiguità delle relazioni umane.
E questo formato famiglia (già il precedente Croce e delizia del 2018 non era un granché) zoppica di più, perdendo quella chiave leggera, fresca e delicata del suo ultimo film Marylin ha gli occhi neri (2021) con Stefano Accorsi e Miriam Leone, nonché del suo esordio Moglie e marito, con Favino e la Smutniak che si ritrovano l’uno dentro il corpo dell’altra. In sintesi: per Godano la coppia funziona, la famiglia (che sia tradizionale o allargata) un po’ meno. Vale anche per la sua vita?