Nell’universo delle opere narrative, l’animazione silenziosa si erge come un ponte tra mondi, una forma d’arte capace di catturare l’essenza dell’esistenza umana senza bisogno di parole. In questo contesto, il regista spagnolo Pablo Berger presenta Il mio amico Robot nelle sale italiane dal 4 aprile, distribuito da I Wonder Pictures in collaborazione con Unipol Biografilm Collection. Un gioiello già celebrato all’ultimo Festival di Cannes, premiato ad Annecy e candidato al Premio Oscar® come Miglior film d’animazione, che sta già raccogliendo il consenso di pubblico e critica.
Il film si apre con una domanda che echeggia il famoso romanzo di Philip K. Dick: “Se gli androidi sognano pecore elettriche, allora cosa sognano i robot?” Questo interrogativo metafisico lancia lo spettatore in un viaggio attraverso l’immaginazione di un robot in cerca di significato e connessione nel mondo.
I sogni possono essere colorati, surreali e psichedelici. Non per il nostro sfortunato protagonista, il Robot, che invece sogna di riunirsi con il suo proprietario e migliore amico, Cane, dopo che si sono separati a causa di circostanze crudeli e il robot si ritrova solo e arrugginito su una spiaggia desolata.
L’ispirazione per questo racconto emozionante proviene dal romanzo grafico omonimo del 2007 di Sara Varon. Berger, abituato al cinema non verbale grazie al suo precedente successo con “Biancaneve” del 2012, ha intrapreso con Il mio amico Robot il suo primo viaggio nell’animazione. Il risultato è un’opera intrisa di entusiasmo contagioso, in cui ogni fotogramma è un’esplosione di riferimenti e omaggi.
Ad affiancare Berger nella realizzazione del mondo di Il mio amico robot, una squadra di 20 artisti diretti dal noto fumettista e illustratore José Luis Ágreda, mentre il processo di animazione è affidato al talentuoso artista e direttore dell’animazione Benoît Feroumont. Per le musiche il regista si è affidato nuovamente ad Alfonso de Vilallonga (già compositore per Blancanieves e Abracadabra), che ha ricreato melodie al piano delicate, ritmi jazz e suoni urbani molto newyorchesi, una giungla sonora unica nel suo genere per dare vita a un racconto emozionante e coinvolgente.
La città in cui si svolge il film è un microcosmo affascinante e vibrante, popolato da creature antropomorfe e intrighi urbani. Berger e il suo team di animatori hanno ricreato con maestria la New York degli anni ’80, un’epoca di cene al microonde e Pong giocato su vecchi televisori a tubo catodico. Ma oltre alla frenesia della metropoli, c’è un sottile filo di malinconia che permea l’intera narrazione, un richiamo alla transitorietà della vita e alla nostalgia dei sogni perduti.
Ciò che rende Il mio amico Robot un’opera straordinaria sono i dettagli. I disegni semplici ma evocativi dei personaggi principali sono accompagnati da gesti e espressioni che parlano più delle parole stesse. Ogni sequenza, dalle viste caleidoscopio agli omaggi musicali, è curata con una precisione quasi ossessiva, trasformando l’animazione in un’esperienza visiva indimenticabile.
Ma il vero trionfo del film è la sua capacità di trasformare una storia di amicizia e perdita in una riflessione profonda su tematiche complesse. Attraverso i sogni del robot, il film ricorda che le esperienze vivide di oggi diventeranno i ricordi nostalgici di domani, e che la vera bellezza della vita risiede nella sua fugacità. Il mio robot è un’autentica gemma cinematografica da non lasciarsi sfuggire.