“Grazie al MedFilm Festival per aver avuto il coraggio di mostrare questo film ora, in questo momento storico. Vorrei che si prendesse consapevolezza che la storia non è iniziata il 7 di ottobre di quest’anno”. A parlare è il regista egiziano Yousry Nasrallah che al MedFilm Festival ha presentato il suo capolavoro: La Porte du Soleil.
Presentato fuori concorso al 57esimo Festival di Cannes, questo film del 2004, recentemente restaurato, è oggi più che mai attuale perché racconta cinquant’anni di storia, di sofferenza, di speranze e di amore del popolo palestinese.
Un film lunghissimo, 278 minuti, insomma quattro ore e mezza. “Grazie perché ho rivissuto questo film dopo tanti anni- dice il regista-. È stata una grande produzione. Mi chiesero di fare un film sulla Palestina nel 1998. Dissi di no all’inizio quando mi fu richiesto perché l’Egitto aveva dei rapporti di pace con Israele e non avevo intenzione di fare un film ispirato a Romeo e Giulietta e far vedere che tutto andava bene e tutto era tranquillo. La condizione era di poter lavorare con l’autore del libro di Elias Khuri (in Italia edito da Einaudi) per capire poi come rielaborare la materia del racconto”.
Un mosaico di storie individuali nutrite di vita quotidiana, di sogni, di amori, di passioni e di sensualità. Dalla storia di Younes- conosciuto come Abou Salem, oppure come l’Uomo o come padre di Ibrahim- che combatte contro gli inglesi all’età di sedici anni. Ma mentre lotta viene mandato in Libano e diventa clandestino in patria. Poi inizia la storia di Mahila, sua moglie da quando aveva sedici anni, che allatta il loro primo figlio nato mentre abbandonavano la loro casa in fiamme diretti verso il nord. Riesce a rincontrare suo marito in gran segreto in una caverna di Bab El Chams in Galilea. Poi c’è la storia del dottor Khalil, abbandonato da bambino da sua madre nella confusione dei campi profughi, destinata a intrecciarsi con la loro perché a Beirut risveglia Younes da un lungo coma cullandolo con il racconto della storia del suo popolo.
“È tutto nel libro. Elias Khuri ci ha messo dieci anni a scriverlo. L’idea era quella di andare a intervistare nei campi profughi i sopravvissuti storici dello sfollamento di quegli anni. Volevo costruire una storia a incastro, a intreccio come la struttura delle Mille e una notte. È stato difficile l’adattamento”, racconta il regista.
Difficile anche distribuirlo. “Il film andò a Cannes. Ovviamente destò varie polemiche e questo fece sì che anche la sua distribuzione fu molto complicata. Ci fu una sola sala che faceva parte della lega socialista ebraica che ha voluto a tutti i costi mostrare il film nel suo cinema. La questione si è complicata ulteriormente quando nel frattempo Humbert Balsan che aveva prodotto il film per Ognon Pictures aveva accumulato una serie di debiti sul film L’uomo di Londra. Tutti i diritti de Le Porte du Soleil sono finiti nelle mani di Orange e così il film è stato seppellito”. E poi ancora: “Mi è stato chiesto di fare un bel film e così ho iniziato a lavorare in totale libertà. La prima parte è stata girata quasi totalmente in Siria, mentre la seconda parte in Libano”.
Grazie al restauro del laboratorio Cinegrell e in collaborazione con Orange Studio, che ne detiene appunto i diritti, questo film è ora nuovamente disponibile per essere visto, discusso e riapprezzato.
“Riportare in vita questo capolavoro è stata un’avventura entusiasmante- dice Giona A. Nazzaro, direttore artistico del Locarno Film Festival, che attraverso Heritage Online, iniziativa Locarno Pro il cui scopo principale è dare una nuova vita al patrimonio cinematografico, aveva presentato alla scorsa edizione del festival da lui diretto la versione restaurata del film nella sezione Histoire(s) du Cinéma: Heritage Online-. Per una serie di questioni legate ai diritti aveva rischiato di poter non essere più visto questo capolavoro di Nasrallah. Un film con una visione laica, aperta e fortemente legata, nonostante tutto, alle tradizioni della terra del Medio Oriente. Un’opera di importanza capitale, già allora e che oggi risuona di tutta l’umanità, la poesia e la luce che ci serve per riorientarci. Un film che racconta da un punto di vista unico quelli che sono i fatti accaduti alla fine della Seconda Guerra Mondiale”.