Alba Stellamia. E’ questo il nome che l’infermiera sceglie per la bimba appena nata e abbandonata all’ospedale di Napoli.
Quella bambina, nata con la sindrome di Down, è diventata Alba Trapanese e il film “Nata per te” narra la sua storia, quella della prima adozione fatta da un single omosessuale in Italia.
“Io ed Alba insieme oggi siamo una famiglia. La nostra è una storia di diritti, di lotta, ma soprattutto una storia d’amore”, scrive Luca Trapanese sui social annunciando l’uscita della pellicola.
Eppure, va detto anche solo per provocazione, che si tratta di un film “pericoloso”, da maneggiare con cura.
E sono tanti i ‘pericoli’ che vale la pena sottolineare.
La vicenda
Il primo è che associarlo solamente ad una storia d’amore tra un papà e una figlia “malata” non riflette la realtà, ma solamente il modo con cui guardiamo con timore al diverso, peggio ancora alla disabilità: invece questa è una storia che – riprendendo l’omonimo libro scritto dallo stesso Trapanese insieme a Luca Mercadante (edito da Giulio Einaudi Editore) – non narra dell’accettazione della disabilità, ma testimonia “la convinzione che la disabilità stessa non esista, se non come diversità”. Luca nella richiesta di adozione ha barrato tutte le caselle legate alle condizioni disagiate perché per lui “non sono problematiche”.
I protagonisti della storia di Nata per te
Continuando a scherzare, l’ennesimo elemento di rischio è rappresentato dal cast, fin troppo naturale nei ruoli.
Infatti, il film ha come protagonista Pierluigi Gigante, che ha troppi capelli per interpretare il futuro papà Luca, ma che rischia di essere fin troppo empatico con lo spettatore.
Poi si nota una pienezza di ruoli di contorno (meritano un plauso gli sceneggiatori Furio Andreotti e Giulia Calenda) trattati con diverse sfumature e attrici non solamente brave a recitare ma che appaiono, soprattutto, fin troppo credibili tanto da emozionarti: parliamo dell’avvocato Teresa Saponangelo (non a caso vincitrice del David di Donatello alla migliore attrice non protagonista per “È stata la mano di Dio”), la giudice Barbora Bobulova (intensa nel far affiorare il suo contrasto umano) e l’infermiera Antonia Truppo (due volte vincitrice del David di Donatello per la migliore attrice non protagonista e anche questo non è certamente un caso…) senza dimenticare la partecipazione speciale di Iaia Forte che canta una canzone che da sola la rende iconica anche a chi non l’ha mai sentita prima.
Il concetto di famiglia
Tutti sanno che i film che fanno pensare troppo sono pericolosi in partenza, per antonomasia direbbe qualcuno. E uscendo dal cinema non potrete non porvi la domanda legata a cosa significa per voi famiglia, essere famiglia, anche solo riflettendo sulle decine di rifiuti che ha avuto Alba prima di trovare il papà, o ripescando l’immagine magica dei parenti alla porta, incardinata dalla scena di “tutti a Ischia”.
A ruota libera, il pianeta rosso e Battisti
Il film è una piccola poesia, ma è anche altro. C’è la realtà viva e vivace delle associazioni che Trapanese ha fondato (A ruota libera onlus o “La casa di Matteo” struttura di via Pigna, al Vomero, unica a Napoli che accoglie i bambini in stato terminale), la sofferenza sottesa nei reparti dell’ospedale e nelle suore che fanno giocare una bambina fragile in spiaggia; c’è la fuggente vitalità della gioventù che sbarca anche solo per gioco su Marte e il monologo dell’avvocato che ricorda che i diritti non debbano essere concessi. C’è la potenza che l’ex seminarista affida alla frase “La famiglia è sacra” nel mettere in discussione il suo come un atto di egoismo, ci sono le leggi spinose che non riescono a dare risposte esaustive ad esigenze reali di singoli. Per concludere con la sottesa presenza di Lucio Battisti che, con la sua “Il mio canto libero”, ci guida (o ci riporta) all’esperienza dell’essere padri.
Un pezzo alla volta fino a Marte
Pericolosissime poi le note di regia, in quanto appaiono troppo avare nel limitarsi a scrivere che si tratta di “una storia d’amore senza pregiudizi”. Invece, parliamo di una storia ‘faticosa’ che ha tanti pezzi dentro: paternità, omosessualità, disabilità (e non malattia), burocrazia, abbandono, rifiuto e che pone interrogativi su cui si è chiamati a riflettere. Ecco perché la vita di Luca (che oggi è anche assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli) e Alba è molto di più e può essere capace di andare oltre, procedendo anche solo “Un pezzo alla volta fino a Marte”, immagine simbolo del film riportata anche nelle magliette stampate per l’occasione dell’anteprima.
Mica siamo ‘a Svezia
Un altro pericolo palese è rappresentato dalla frase “Mica siamo ‘a Svezia”, che l’infermiera dice al protagonista quando scopre che non ha una moglie ed è single e gay. C’è il rischio che diventi un cult.
Un film per pochi
Se queste sono le premesse, capite bene che il pericolo che diventi un film di nicchia, che in pochi sceglieranno al cinema esiste eccome. E questo nonostante il coraggio dei produttori Cattleya e Bartlebyfilm con Vision Distribution, Ministero della Cultura e Sky Italia e la mano del regista Fabio Mollo che, si vede, ci mette del suo anche quando dice che è stato “Emozionato nello scoprire la potenza di una storia che racconta di coraggio e può darlo alle persone”. Ciononostante, come loro, ci credo e sono convinto che il pubblico potrà apprezzarlo e premiarlo andando a vederlo: del resto, è raro riuscire a fare un film del genere, specie nel nostro Paese.
In chiusura, Luca Trapanese ha riportato su Instagram la seguente, pericolosissima, riflessione, tratta dall’articolo pubblicato sull’Espresso da Simone Alliva: «Se io avessi preso Alba e mi fossi nascosto in casa dicendo “a me è andata bene pazienza per gli altri”, avrei fatto un danno a me stesso e ad Alba. Non serve al cambiamento che vogliamo. La società cambia quando c’è una testimonianza. Il privato è pubblico. Tutto. Nel film c’è una domanda che resta in sospeso: “E se queste regole fossero sbagliate?” Le leggi in questo Paese sono sbagliate. E allora ne dobbiamo parlarne».
Per tutte queste ragioni capite che un film, così pieno di pericoli, va sostenuto.
“Nata per te”, il film sulla storia di Luca Trapanese e la figlia Alba, arriva al cinema il 5 ottobre.
Nota: Caro Luca però un errore lo hai fatto anche tu: il titolo del film, come del tuo libro, “Nata per me” è sbagliato perché sei tu che nasci per lei. E noi con te.