Chloé Barreau con “Frammenti di un percorso amoroso” si presenta A Venezia 80 nella sezione delle Giornate degli autori a Venezia 80. Un’operazione coraggiosa quasi sfacciata, quella della regista francese che mette tutti i suoi e le sue ex amanti dall’adolescenza alla maturità davanti a una videocamera, a confronto con i propri ricordi e con i filmati da lei girati fin dall’adolescenza durante le relazioni d’amore avute con loro. L’obiettivo è di indagare cosa resti delle storie d’amore nelle vite personali, quanto i vissuti siano comuni o diversi, e, in fondo, cosa sia l’amore per ciascuno di noi.
“Il film vuole essere un invito a esaminare il proprio passato sentimentale“
«Pochi documentari parlano d’amore. – afferma la regista – Eppure si tratta di una parte importante delle nostre vite reali, nonché di un tema centrale del cinema. Questo film vuole essere un invito a esaminare il proprio passato sentimentale, innescando una riflessione sulla memoria, le sue difficoltà, le sue ispirazioni. Sul modo in cui il nostro percorso ci forma, sui diversi amanti che siamo, di volta in volta. Ciò che è finito è ciò che resta, quando l’amore non c’è più».
Il titolo del film, prodotto da Groenlandia, si rifà direttamente al saggio di Roland Barthes “Frammenti di un discorso amoroso” e alla sua stessa rivendicazione riguardo la mancata indagine sociale sull’amore. “Assurdo che una cosa così importante non sia studiata dagli accademici”. Il discorso d’amore quindi come un fatto più collettivo che intimo. A memoria l’opera più importante fatta in Italia sul tema potrebbe essere considerata i “Comizi d’amore” di Pier Paolo Pasolini, pur se tratta l’aspetto sessuale della relazione.
Chloé Barreau è nata da un matrimonio fece scandalo nella Francia degli anni Settanta
Poi più nulla di serio. Questo film documentario non ha l’ambizione di essere un “discorso” ma di porgere, appunto, i frammenti di un percorso, per indurre a indagare il proprio. Chloé Barreau è nata da un prete-operaio, che è uno storico, e un’infermiera, il cui matrimonio fece scandalo nella Francia degli anni Settanta. Ha raccontato questa storia nel suo primo film, La faute a mon pere,premiato al Biografilm Festival. Laureata in Lettere Moderne alla Sorbonne di Parigi, ha scritto e diretto cortometraggi, speciali televisivi, serie documentarie prima di raggiungere Fox Channels Italy come creative producer. Per quindici anni ha lavorato con prestigiosi brand (National Geographic, History Channel), ma anche a progetti documentari più̀ personali tra cui Stardust Memories e Malafemmina.
Fin da subito colpisce la qualità e la carica di giovinezza, bellezza e dolcezza delle immagini registrate prevalentemente a Roma da lei adolescente e poi studente, zazzera bionda e sempre con la camera in mano. Non a caso il film può anche essere visto come “la storia di una vocazione”, ovvero la sua di regista, che ora mette a disposizione tutte le riprese rivolte ai suoi amori e fidanzamenti. Inseguiamo negli appartamenti universitari, in motorino, nei locali pieni di fumo, la ricerca interiore delle diverse coppie, il disperato tentativo di essere una cosa sola, il disperato tentativo di ogni Alice di capire “chi sono io”, l’altro o l’altra che mi completa, oppure che mi separa da me stessa.
La forza dell’attrazione fisica, l’affetto avvolgente continua a trasparire in tutte le testimonianze, nonostante le delusioni o i fallimenti.
La cifra estetica resta nei volti segnati ma belli e nei corpi maturi ma eleganti di quegli adolescenti oggi adulti, intervistati da un’altra persona fuori campo riguardo la storia di amore avuta “con lei”. La densità della relazione, la forza dell’attrazione fisica, l’affetto avvolgente continua a trasparire in tutte le testimonianze, nonostante le delusioni o i fallimenti. Negli occhi si legge una scintilla che riporta all’immedesimarsi, non senza nostalgia e trasporto, negli entusiasmi totali di un tempo.
Nell’intervista rilasciata alle Giornate degli Autori così come nel trailer che accompagna “Frammenti di un percorso amoroso”, Barreau si afferma segnata fin dai 16 anni di età dall’ossessione di trattenere il passato e di aver voluto ora mettere in discussione la propria memoria per andare a verificare cosa i suoi ex amori ricordino, se abbiano vissuto la stessa cosa. Alla fine riconosce che sì, il racconto corrisponde, il mosaico ha una coerenza.
Per quanto nel tempo cambiamo e la nostra visione sulle esperienze avute cambi, “siamo la somma di queste esperienze”
Tra convivenze travolgenti, viaggi nomadi, colpi di fulmine e innamoramenti lenti, tradimenti e pentimenti, letti sfatti con gioia, tanti baci e abbracci, il discorso collettivo sull’amore si muove come un’onda i cui confini si perdono. L’amore non è dato, non è un oggetto certo, non ha un confine, può iniziare e finire all’improvviso senza essere finito, può durare anni senza essere vivo, sfugge alle descrizioni, per quanto se ne parli. Più lo si invoca, meno ce n’è.
Il racconto corale procede come un’educazione sentimentale che si disperde nelle tante trame, senza costituire un unico plot, bensì il racconto attorno al percorso di una vita. Possiamo solo concludere che ciò che è stato resta da qualche parte dentro di noi. Per quanto nel tempo cambiamo e la nostra visione sulle esperienze avute cambi, “siamo la somma di queste esperienze”. O forse, più semplicemente, come conclude uno degli ex amanti e fidanzati intervistati, “tutti abbiamo bisogno di un archivista, che tenga memoria delle nostre vite banali”.