L’homo faber, la ricerca della bellezza, il senso della vita e del suo trascendere, l’Oriente che ha permeato Venezia e l’etica della cura del Giappone, c’è tuto questo nel film “Il Padiglione sull’Acqua” di Stefano Croci e Silvia Siberini dedicato al grande maestro di architetturaCarlo Scarpa, presentato in concorso al Biografilm Festival 2023.
I due autori tornano, questa volta con un lungometraggio, sulla figura dell’architetto veneziano, già esplorato e raccontato nel 2014 con un breve documentario “La Pietà del Vento”, sull’ ultimo viaggio di Scarpa in Giappone nel 1978 sulle orme del diario di viaggio che il poeta Matsuo Bashō (1644-1694) scrisse prima di morire, Lo stretto sentiero verso il profondo nord (1694). Scarpa non raggiunse mai la meta, la capitale Hiraizumi, morì in un tragico incidente a Sendai, nello stesso giorno in cui morì il poeta, il 28 novembre, in una coincidenza fatale.
Questa volta, dopo diversi anni di rielaborazione, Croci e Siberini si mettono sulle orme di Scarpa per percorrere e approfondire sul piano etico, personale e culturale, il legame tra l’architetto e professore ordinario veneziano e la cultura giapponese. Partecipano al racconto il figlio Tobia Scarpa, che apre il racconto facendo la punta alla matita come insegnava il padre ai suoi allievi e abbozzandone un ritratto. Poi artigiani che hanno lavorato con Scarpa fianco a fianco, artisti, architetti, filosofi: Ryōsuke Ōhashi, J.K. Mauro Pierconti che ha scritto “Carlo Scarpa e il Giappone”, Guido Pietropoli, Giovanni Soccol, Guido Guidi, Francesco Zanon, Paolo Zanon, Shuho Hananofu.
“Fin da ragazzo Scarpa ebbe occasione di visitare le mostre sull’Oriente e il Giappone che la città ospitava – racconta Silvia Siberini in base alle ricerche compiute con Stefano Croci – ed è probabilmente già da quegli anni che nasce la sua passione”.
Trailer “Il padiglione sull’acqua”
Il film, accuratissimo nelle riprese, nella fotografia, nella musica, si muove come un viaggio a pelo d’acqua nella bellezza e nella filosofia del vivere, riprende una Venezia splendida ripresa nella solitudine del Covid, sosta a lungo su dettagli delle architettura di Scarpa, su immagini di ambiente molto accurate. “Volevamo raccontare Scarpa in una maniera diversa, poetica – spiega Stefano Croci – non volevamo né celebrarlo né riprodurre una biografia, quindi abbiamo percorso la strada del parallelo con la cultura giapponese”. Un parallelo che è anche visivo, estetico, di tempi sospesi in attesa.
La cifra è molto essenziale. Carlo Scarpa è presente nel racconto altrui, nelle sue opere, in alcuni spezzoni audio scelti all’interno delle 40 ore di lezione rimaste, come quello in cui dice che la professione di architetto deve avere “una tensione etica paragonabile al sacerdozio”. Al di fuori delle immagini dei narratori, non ci sono altre figure umane, se non nelle immagini di repertorio, altrimenti natura e architettura.
Attraverso le impressioni suggerite dal filosofo giapponese Ryosuke Ōhashi, la narrazione si sviluppa per concetti esistenziali, come nel brano sul concetto di “mujo”, “impermanente”,per svolgersi lungo il filo di una domanda, la domanda sul senso della bellezza. Una riflessione che accomuna le opere scarpiane e l’estetica tradizionale giapponese. “Scarpa ha trovato la bellezza nella pura e spasmodica ricerca – afferma Silvia Croci – Era un uomo mai soddisfatto, come tutti i geni. Un uomo carismatico, ipnotico”. “Non un intellettuale – continua Croci – ha lasciato pochi testi, mentre curava moltissimo il rapporto con gli artigiani, la conoscenza e la scelta dei materiali, altra caratteristica che lo legava alla cultura giapponese, con un senso quasi religioso e mistico del creare”. Un mondo che si sta consumando senza nuove generazioni che portino avanti tradizioni centenarie, del vetro, del ferro, del creare con le mani. Questa malinconia si sente nelle immagini e nelle interviste ai protagonisti nelle botteghe veneziane, tra forgiature e fusioni.
“Il Padiglione sull’Acqua”, titolo del film, richiama molti rimandi, la stessa città di Venezia, i templi shintoisti, ma soprattutto rimanda al significato dello scorrere dell’acqua e in particolare al padiglione sull’acqua che fa parte della Tomba Brion di Treviso, complesso funebre realizzato da Scarpa e dove egli stesso ha voluto essere sepolto. “Un luogo in cui meditare sulla vita e sulla morte, dove si abbatte il senso del tempo e dove si trascorre il tempo, frequentato da visitatori, studenti, famiglie – spiegano i due registi – Un luogo che richiama la dimensione spirituale di un tempio giapponese, un viaggio simbolico che richiama quello della vita”.
Le riprese sono state realizzate dai due autori scegliendo due stili diversi: la camera digitale per le interviste e le riprese dei narratori, la pellicola 16 mm per le immagini più estetiche e poetiche. La fotografia è stata guidata da Daniel Graf Brohwan, mentre Paolo Aralla ha composto una colonna sonora di musica contemporanea che associa suoni drammatici a lievi ai rumori d’ambiente, soprattutto d’acqua, interamente eseguita al pianoforte da Anna D’Errico. Senz’altro un film per avvicinarsi all’anima di Carlo Scarpa, intuire meglio il suo irraggiungibile desiderio di compiutezza, e guardare con meraviglia alla sua opera.
Il film è prodotto da Stefano Migliore, Stefano Croci, Agnese Cornelio, Giorgio Guernier , Caucaso (ITA), Freetowork (NL), Pop Homage (UK) con il contributo di Ministero della Cultura – Contributi Selettivi, Creatieve Industrie NL, Veneto Film Commission – Regione del Veneto – POR FESR 2014 – 2020. Con il supporto di Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Venezia, Banca delle Terre Venete, Banco BPM.