In Italia fu l’Unione Donne in Italia, UDI, nel 1946 a proporre di celebrare nuovamente la Giornata Internazionale della Donna che nel nostro paese era stata introdotta nel 1922 e in seguito messa in ombra per via dei conflitti mondiali e dal regime fascista a causa della connotazione politica che aveva assunto. In realtà, quella che oggi è comunemente chiamata Festa della Donna, è il risultato di una serie di eventi e iniziative che, a partire dall’inizio del secolo scorso, in Europa e negli Stati Uniti, scaturirono dalla volontà diffusa di porre fine alle discriminazioni e allo sfruttamento a cui erano sottoposte le donne sul luogo di lavoro e nella vita di tutti i giorni.
La portata universale di questa giornata fu decretata nel 1977 quando l’Assemblea generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione con cui si proponeva di dichiarare in tutti i paesi quella che inizialmente si chiamò “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle Donne per la pace internazionale” (“United Nations Day for Women’s Rights and International Peace”) per riconoscere alle donne il loro ruolo fondamentale nella realizzazione della pace tra i popoli e allo scopo di porre fine alle discriminazioni subite. L’8 marzo fu scelta come data ufficiale da molte nazioni perché già era il giorno in cui altri paesi come il nostro la celebravano.
Nel 1946, in Italia, le donne votarono per la prima volta. Poco prima del celebre referendum, attraverso cui la maggioranza scelse per il nostro paese la forma di stato repubblicana, ci fu anche una tornata di elezioni amministrative in diversi comuni in cui per la prima volta vennero anche elette delle donne come sindache (la maggior parte al sud e in Sardegna). Quando arrivò il 2 giugno, le cittadine e i cittadini italiani furono chiamati a scegliere non solo fra monarchia e repubblica, ma anche quelli che sarebbero diventati i membri dell’Assemblea Costituente, per la quale vennero quindi eletti 556 componenti, di cui 21 erano donne. Tra queste c’era Teresa Mattei, la più giovane con i suoi 25 anni delle cosiddette Madri Costituenti, la quale era stata partigiana e in seguito fu attivista per i diritti delle donne e dei bambini e bambine. Una donna così indipendente che nel 1955 venne radiata dal suo stesso partito, il Partito Comunista Italiano, perché non condivideva la linea stalinista intrapresa dalla dirigenza. Al momento di scegliere un fiore come simbolo della Giornata seguendo l’esempio di paesi come la Francia che aveva adottato la violetta, Teresa, sostenuta dalle colleghe costituenti Teresa Noce e Rita Montagnana, propose la mimosa perché era un fiore povero e trai più facili da reperire nell’Italia che si stava appena riprendendo dalla guerra. “La campagna nei dintorni di Roma profumava tutta di mimosa”, disse in seguito. Ed è così che oggi stringiamo nella mano un ramoscello di mimosa!