Whitney Houston era un’icona, una leggenda dell’industria musicale e un idolo pop mozzafiato che sfornava hit dopo hit, infrangendo record che in precedenza detenevano i Beatles ed Elvis. Una figura celebrata come merita nel film Whitney Houston, Una vita diventata leggenda, diretto da Kasi Lemmons (Harriet, Eve’s Bayou), nei cinema dal 22 dicembre. Un viaggio che cerca di scavare a fondo nella vita di Whitney per offrire uno sguardo più autentico sulla pop star.
La sceneggiatura di Anthony McCarten costeggia i problemi con il padre, il suo divorzio, le lotte per i diritti queer e la dipendenza dal forte impatto visivo. Quando arrivano i momenti esplosivi come le storiche esibizioni di Houston in un Sudafrica appena post-apartheid, il regista ammanta l’esibizione di effetti speciali. Il regista dipinge con grazia e cura un ritratto della donna considerata la più grande voce della sua generazione. Sentiamo quella voce in tutta la sua gloria. Sorvola sulla caduta in disgrazia di Houston o sui demoni che l’hanno afflitta nel corso dei suoi anni sotto i riflettori.
La grande risorsa è la performance sincera ed emotivamente cruda di Naomi Ackie nel ruolo della protagonista. Sebbene non somigli molto a Houston, cattura la radiosità della cantante, sia sul palco che fuori. L’attrice britannica rimuove abilmente la distanza che separa la star tormentata tra relazioni tossiche, conflitti famigliari e droghe, dal pubblico.La decisione di attenersi quasi esclusivamente a versioni sapientemente rimasterizzate delle tracce vocali originali di Houston è ampiamente condivisa. La sincronizzazione labiale è impeccabile, Ackie vive e respira ogni canzone.
Nel finale, Lemmons segue un’ansiosa Houston mentre si prepara a quella che sarebbe stata la sua ultima esibizione .Ma il regista sceglie di tagliare le ultime ore di vita della diva della black music, quelle che precedono i Grammy di Davis del 2012, dove dagli anni Ottanta un tappeto rosso, per lei, non era mai mancato.
Un gesto di amore che non sminuisce l’autenticità con cui il film descrive le lotte di Houston con la droga; il suo turbolento matrimonio con Bobby Brown (la scoperta di Moonlight, Ashton Sanders), che ha ignorato i segnali di stanchezza che lentamente stavano consumando Whitney; il tradimento di suo padre, John (Clarke Peters), che ha gestito male i suoi affari e che poi l’ha citata in giudizio per la cifra record di cento milioni di dollari; le accuse che ha dovuto subite per tutta la vita di “non essere abbastanza nera”.
La parte più toccante è la fioritura spontanea della sua relazione con Robyn Crawford (Nafessa Williams), che descrive l’accettazione della sua sessualità da parte di Houston, in un primo momento, per poi essere gradualmente sopraffatta dalla disapprovazione omofobica della sua famiglia e dalle pressioni dell’industria musicale che le hanno imposto fin dagli esordi della sua carriera l’immagine della “ragazza sana della porta accanto”.
Nei cinema dal 22 dicembre