È possibile vedere il mondo al di fuori dei nostri traumi, al di fuori delle nostre paure e desideri? E se si incarna un oggetto del desiderio, quello che il mondo vede è il tuo vero io o una proiezione dei propri bisogni? A queste domande ha cercato di rispondere Andrew Dominik, regista di Blonde, in concorso alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, e da settembre su Netflix.
Tratto dal bestseller di Joyce Carol Oates, Blonde reinventa con audacia la vita di una delle icone più leggendarie di Hollywood: Marilyn Monroe. Dalla sua infanzia imprevedibile come Norma Jeane, attraverso l’ascesa alla fama e i legami sentimentali, Blonde mescola realtà e finzione per esplorare la sempre più vasta differenza tra l’immagine pubblica e quella privata dell’attrice. Scritto e diretto da Andrew Dominik, il film vanta un cast straordinario con Ana de Armas al fianco di Bobby Cannavale, Adrien Brody, Julianne Nicholson, Xavier Samuel ed Evan Williams.Marilyn Monroe una volta disse: “Quando si è famosi, ci si imbatte sempre nell’inconscio delle persone”. Il film è ritratto intimo e delicato di una donna che da bambina indesiderata si ritrova ad essere la donna più desiderata del mondo.
Basato sull’omonimo romanzo di Joyce Carol Oates, Blonde segue Monroe (Ana de Armas) per tutta la sua vita, evidenziando la sua infanzia travagliata, le sue relazioni amorose che puntualmente finivano a riempire le pagine dei giornali scandalistici, e la sua discesa nella dipendenza da alcol e droghe.
Incanalare l’intera vita dell’icona in un film di tre ore sacrifica l’accuratezza storica a favore del surrealismo. Il vero conflitto in Blonde è la battaglia di Monroe per mantenere e costruire la sua immagine pubblica mentre cerca anche di affrontare i dolori della sua vita privata. La relazione tesa con una madre mentalmente instabile e quella inesistente con il padre anonimo.
Per esplorare questi conflitti interiori di un’icona del cinema, il film divide Monroe in due personaggi: Marilyn la star. e Norma Jean, la persona dietro la facciata. Il film indaga i sottili confini tra questi due personaggi in situazioni facilmente identificabili così come in quelle in cui sono completamente sfocati.
Gli elementi surrealisti di Blonde sono allo stesso tempo i punti di forza del film. In un mondo in cui ogni film biografico sembra una copia carbone, non c’è niente come il film di Dominik. Per tre ore, Blonde intrappola con successo il suo pubblico nel subconscio di qualcuno la cui identità è tutt’altro che costante, adattandosi in pochi secondi a seconda del contesto.
Avere una narrazione sparsa e non lineare è anche un piedistallo brillante degli elementi stilistici del film. La cinematografia è sbalorditiva, rimbalza senza sforzo tra scene dai colori vivaci e nitide scene monocromatiche. Inoltre, la colonna sonora del film, composta da Nick Cave e Warren Ellis, è incredibilmente bella e si collega perfettamente con le immagini sullo schermo.
Eppure si fa fatica ad entrare in empatia con il personaggio o credere che sia reale. Ma non era questa l’intenzione del film quanto quelli di mettere in evidenzia come la Monroe sia stata costantemente sfruttata, feticizzata e disumanizzata da coloro che la circondavano.
Il film inoltre si imbatte in un insolito paradosso in quanto non rivela dettagli della vita di Monroe al punto di sembrare un film biografico, ma poiché è basato su una persona reale, non sembra nemmeno un film fittizio. Ana de Armas affonda abilmente nel ruolo, sbloccando un certo senso di fragilità che descrive brillantemente la battaglia di Monroe tra i suoi due personaggi. Purtroppo, non le viene dato molto con cui lavorare, specialmente per quanto riguarda lo sviluppo del personaggio. Indipendentemente da ciò, sebbene la sceneggiatura del film impedisca alla sua interpretazione di essere il più dinamica possibile, lei continua a recitare.