Assurdità e verosimiglianza sono alla base della commedia di Neus Ballús, I Tuttofare, che segue tre idraulici durante un’intera settimana di lavoro. Gli episodi raccontati nel divertente film, premiato al Festival di Locarno 2021 per i migliori attori, sono a volte talmente strani da sembrare del tutto credibili. Pep (Pep Sarr à) dirige una piccola ditta di impianti idraulici ed elettrici, e sta per cedere le redini al suo compagno più giovane Valero (Valero Escolar). Quando Moha (Mohamed Mellali) – un immigrato marocchino che frequenta corsi serali di spagnolo – si unisce alla squadra, intorno a lui c’è molto diffidenza: Valero non sa se può fidarsi di una nuova persona che tra l’atro non parla bene la lingua locale.
I tuttofare, nei cinema dal 9 giugno, è uno sguardo caloroso e sincero su tre uomini che attraversano fasi molto diverse della vita.Attraverso la voce fuori campo, apprendiamo che Moha è un attento osservatore della natura umana, che è diventato un elettricista in modo da avere una scusa per osservare le persone dove vivono. La regia e la sceneggiatura del regista Ballús rispecchiano l’occhio acuto di Moha per il comportamento umano, poiché ogni lavoro rivela un cast di personaggi che si muovono all’interno della città.
Quando i personaggi sono al lavoro, Ballús tende a privilegiare le inquadrature larghe, permettendoci di osservarli al lavoro. Quando Moha e Valero appaiono entrambi nell’inquadratura ma separati nello spazio – ad esempio, Moha tiene una scala mentre Valero sta sul tetto – possiamo letteralmente vedere come non stiano davvero lavorando insieme. Anche se a volte è a mano libera, la telecamera tende ad essere piuttosto ferma, lasciando che l’azione si svolga davanti a sé piuttosto che seguire ciascuno dei personaggi, il che ci aiuta a dimenticare che ciò che stiamo guardando è una messa in scena.
Fin dall’inizio, Valero insiste sul fatto che ai loro clienti non piacciono gli stranieri. Ma tutti i loro clienti si interessano immediatamente a Moha, spesso reclutandolo nei loro hobby piuttosto che lasciargli fare il suo lavoro. In una delle prime scene, un uomo di cento anni insiste per insegnare a Moha il suo regime di salute. Ciò che emerge è un complesso ritratto sull’invecchiamento e sull’assimilazione in una nuova cultura. Valero in particolare combatte sia i suoi pregiudizi che una fragile mascolinità, poiché Moha si dimostra prezioso. Il film tratta entrambi con ferma dolcezza, rendendosi conto che la crescita personale e la consapevolezza di sé, come tubi otturati, non possono essere forzati.
Il film si svolge in vignette sequenziali che si svolgono nell’arco di una settimana (segnate chiaramente dalle lezioni di lingua di Moha e dal prossimo esame). Tuttavia, lo spazio percorso, le case visitate e la deliziosa casualità dei compiti a portata di mano conferiscono una distesa maggiore: non c’è niente di ordinario in queste vite.