Pablo Larrain è, probabilmente, uno dei dieci migliori registi del pianeta. Kirsten Stewart non è, ancora, l’icona che si merita di essere. Il gap potrebbe essere stato colmato dopo la visione di Spencer, il film che vede il cileno dietro la macchina da presa e l’attrice americana protagonista assoluta della vita di Lady Diana Spencer, la principessa tragicamente scomparsa nel 1997, a soli 36 anni, a seguito di un inseguimento tra paparazzi e la vettura nella quale viaggiava a Parigi.
L’opera di Larrain prende vita nel Natale del 1991, a Sandringham, una tenuta dei Windsor, che si riuniscono come ogni anno per trascorrere le festività. Diana ha 30 anni, ha già 2 figli, e conosce perfettamente il fatto che il marito, Carlo d’Inghilterra, è innamorato di un’altra, Camilla Parker Bowles, presente alle celebrazioni religiose dei Windsor proprio durante quelle stesse festività.
Sono tre giorni di ricerca intimista dentro i malesseri di una principessa che già ad inizio film dice “I am lost”, ovvero, “Mi sono persa”. Abdicando a sè stessa in nome di una regalità promessa e sposando il futuro re, comprendendo che ciò a cu aveva detto sì non era nemmeno comparabile alla realtà che si è trovata ad affrontare.
Una vita di regole e costrizioni quasi militari, la legge dei vestiti cambiati ad ogni evento, gli orari ferrei da rispettare, ogni dettaglio pensato e agito prima che vada in scena. Una rottura mortale per una giovane donna, madre felice ma sposa delusa, che vorrebbe evadere da un carcere autocostruito e mal sopportato.
Perchè Larrain sceglie Kirsten Stewart per questo ruolo e perchè alla fine della visione ne rimaniamo folgorati?
Perchè la Stewart, proprio come Diana, ha attraversato tutte le fasi di quella pressione psicologica che diventa l’essere assediata da paparazzi fin fuori la soglia di casa, avere la propria vita sotto scrutinio costante senza poter nemmeno cambiare la versione di ciò che viene narrato. Quando stava con Pattinson era, letteralmente, perseguitata.
Più il film va avanti, più il suo casting sembra addirittura un colpo di genio: la Stewart è una delle poche persone sul pianeta che ha conosciuto l’esame furibondo dei paparazzi che è anche solo in qualche modo paragonabile alla pioggia di flash che ha seguito Diana fino alla sua morte. Se Diana non vuole sempre uscire dalla sua stanza, si può immaginare che anche la Stewart abbia provato questi sentimenti.
Oggi però Kirsten è, per fortuna, una donna più sicura, più consapevole e più menefreghista dello star system, avendo accettato di esporsi per quello che è e che rappresenta per una moltitudine di persone. Tanto per essere chiari, oggi la Stewart ha voluto al suo fianco a Venezia, e non fu così nel 2019, la donna della sua vita, la fidanzata Dylan Meyer con cui ha una relazione dal 2019 e di cui, ripete a ogni intervista, essere completamente innamorata. Sono scese da un motoscafo in abiti comodi, T-shirt bianca, pantaloni a vita bassa e sneakers, mano nella mano. “Il giorno in cui l’ho incontrata – ha detto Kirsten – tutte le scommesse erano saltate. Ero tipo ‘Dove sono stata e come ho fatto a non conoscerti?'”. Un atto di coraggio che oggi non spaventa, ma quanto ci è voluto?
La Stewart è abituata a questa vita da riflettori sin dal suo esordio cinematografico, avvenuto in Panic Room accanto a Jodie Foster. Resta una ragazza che, seppur infinitamemte timida, ha dovuto fare i conti con uno star system che ti pedina, ti manovra e ti controlla in ogni minuto. Dichiarare la sua omosessuaità è stato dirompente tanto quanto per Diana rinunciare al suo matrimonio, abdicare a certi privilegi in nome della propria libertà, quanti avrebbero – e hanno – il coraggio di farlo?
Ecco perchè non esiste al mondo attrice più adatta ad essere Diana di Kirsten.
Di lei dice Pablo Larrain, il regista.
“Kristen Stewart è una delle attrici migliori del panorama odierno. Ha ottenuto tanto successo perché possiede una qualità fondamentale per il cinema, e cioé il mistero. Kristen può essere misteriosa, fragile e allo stesso tempo forte, ed è proprio questo di cui abbiamo bisogno. L’insieme di questi elementi mi ha ispirato. Il modo in cui si è relazionata al copione e al personaggio è molto bello. Ha dato vita a una performance stupenda e intrigante. Quando un filmmaker trova un’attrice in grado di trasmettere la drammaticità della storia solo attraverso il suo sguardo, allora senza dubbio ha trovato la protagonista della vicenda che intende raccontare.
Kristen è una vera forza della natura. Per il personaggio di Diana, non volevamo semplicemente trovare qualcuno che le somigliasse; il nostro lavoro è stato utilizzare gli strumenti del cinema, quali il tempo, lo spazio e il silenzio, per creare il mondo interiore di una persona connotata da mistero e fragilità. Entrambi questi suoi lati emergono chiaramente nelle scene caratterizzate dagli elementi soprannaturali. Non volevo scivolare nel paranormale o nell’assurdo, bensì esplorare la sua vita interiore. Ciò che Diana vede è il riflesso dei suoi ricordi, delle sue paure, delle sue illusioni. Questi elementi raccontano ciò che accade dentro di sé e mostrano la sua grande e splendida vulnerabilità”.
La stessa vulnerabilità della Stewart, costretta all’inizio a flirtare con il suo compagno vampiro Robert Pattinson fino a prendere le distanze e dichiarare ufficialmente la sua gender fluidità.
Interrogata in conferenza stampa, l’attrice non ha lesinato la sua personale risposta “Ovviamente non posso compararmi al livello di icona mondiale che la figura di Diana è stata capace di creare, non sono a quel livello, nessuno ti prepara per quel tipo di esposizione mediatica, ma posso sicuramente capirla, spesso è la frustrazione di non avere il controllo di quello che viene pubblicato, o il ripensamento su qualche domanda in qualche intervista, tutti pensano di conoscerti, diventi quasi la loro amica o sorella, invece Diana è stata forse una delle persone meno conosciute al mondo nel senso privato del termine. La cosa strana è che noi possiamo semplicemente immaginare come potesse sentirsi, ma la verità è che non lo sapremo mai”.
Sarà sempre impossibile ricostruire la vera Diana, forse anche la vera Kirsten, possiamo quindi solo indagare la performance della Stewart e renderle tutto il merito che si deve. La postura, lo sguardo, la timidezza, quell’appoggiare il mento alla spalla, il caschetto biondo, la magrezza ormai bulimica di una principessa consumata, la camminata un po’ dinoccolata, la fragilità di un gesto e di uno sguardo, tutto in lei richiama Diana, e alla fine del film Kirsten è Diana Spencer, come normale che sia un transfert freudiano, data l’inarrivabile scuola attoriale americana ma anche una certa empatia di Kirsten con questo personaggio. Una donna che voleva solo essere amata, che voleva non sentirsi sola, invece la sua aura l’ha portata, incredibilmente, all’opposto. Una potente fragilità potremmo dire, la stessa che sentiamo ogni volta che la Stewart parla o indossa i suoi completini di Chanel in modo totalmente unexpected (magari è nuda sotto) o i jeans rotti, un’icona di stile che non può comunque nascondersi, ovunque vada.
Ho avuto la fortuna di assistere alla proiezione in sala insieme a Pablo Larrain e Kirsten Stewart. Mai, e dico mai, avevo visto un attore piangere per gli applausi e la dedica del pubblico. Kirsten è apparsa fragile e lost come la sua Diana, ma fiera e forte della sua scelta di affermazione di libertà. Come non amarla?
Naturalmente, per la cronaca. Stewart vincerà la Coppa Volpi per l’interpretazione, il film non potrà essere premiato, quindi trionferà Sorrentino, ve lo diciamo con una settimana di anticipo.