I predatori, film d’esordio di Pietro Castellitto, figlio di Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini, è un film curioso. A muovere la trama, i destini di due famiglie antitetiche. Ad Ostia vivono i Vismara, sottoproletari e fascisti, dediti al crimine e al culto delle armi. A Roma vivono i borghesi ed intellettuali Pavone. La madre Ludovica (Manuela Mandracchia) è una regista di cinema in crisi creativa; il padre Pierpaolo (Massimo Popolizio) è un affermato medico di una clinica privata; il figlio Federico (interpretato da Pietro Castellitto), è un dottorando di antropologia.
I due poli si sfiorano con un banale incidente. E’ Federico, uno pseudo accademico escluso dalbarone dell’università dalla paradossale riesumazione delle spoglie del tanto adotato Nietzsche, il personaggio intorno al quale il regista sceglie di catalizzare i sentimenti di alienazione e tristezza che portano un giovane ad armarsi. La follia di un ragazzo di venticinque anni escoprirà le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti predatori.
Le velleità da regista del giovane Castellitto si impongono fin da subito con soluzioni stilistiche vagamente leziose. Da inquadrature che passano da primi piani stretti a totali in penombra a pedinamento dei protagonisti con la steadycam e long take di ampio respiro.
Premiato nella sezione «Orizzonti» della 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, e in sala dal 22 ottobre, Predatori si veste di una velata forma di umorismo nero che finisce per normalizzare personaggi fascisti nei confronti dei quali si fa fatica ad essere indulgenti. E’ quasi come se dovessimo guardare oltre i simboli e le associazioni piene di odio e simpatizzare con loro, trovarli persino adorabili.
La mostrificazione colpisce tutti i personaggi. “C’è una classe che per essere predatrice necessita delle armi, e un’altra che ne ha di più raffinate”, dice il regista. Non esistono quindi sfumature per un film in cui non si salva nessuno , tranne i ragazzi, persone che per cambiare il corso della propria vita e non rimanere ingabbiati in una società individualista e materialista, manomettono la vita altrui.