Il regista Aurelio Grimaldi ha lavorato a questo film per molti, moltissimi anni, scrivendone anche un libro edito da Castelvecchi. Si è trattato, per arrivare ad una sceneggiatura sensata, di ricostruire anni di processi, sentenze, dichiarazioni e tracciamenti, leggere pagine e pagine di atti processuali che non hanno portato, fino ad oggi, ad avere un nome per un delitto.
La cosa incredibile di questa vicenda è che l’omicida, probabilmente Giusva Fioravanti, mai nominato nel film, agì a volto scoperto e la moglie di Piersanti Mattarella lo riconobbe più e più volte nei vari processi, ma tutto si concluse in un nulla di fatto. Il film si apre proprio in quel 6 gennaio 1980, quando Mattarella venne freddato nella sua auto mentre si recava a Messa per l’epifania con la moglie e la figlia.
Nel mare magnum dei fatti di cronaca e degli intrecci giudiziari, oltre che di quelli mafiosi, era facile perdersi. Grimaldi quindi decide per la scelta di flashbacks per ricostruire i passaggi che portarono all’omicidio e ogni tanto dell’aiuto di una voce fuori campo per permettere allo spettatore di districarsi tra le varie matasse in campo. Che sono numerosissime, complesse e articolate su tutta la mappa italiana e internazionale.
Mattarella si muove infatti all’interno delle correnti Dc di Andreotti, Salvo Lima, Vito Ciancimino, Rosario Nicoletti, Fanfani, prima amici, poi traditori, per non parlare degli intrighi di cui la vicenda si compone, ovvero l’ingresso dei NAR, della banda della Magliana, degli anarchici siciliani e di tutto il cast dei boss mafiosi, da Stefano Bontate a Rosario Spatola fino a Buscetta per arrivare addirittura a Michele Sindona. Un intrico sempre più fitto che permette di comprendere come gli interessi appaltistici che permisero a Lima e Ciancimino di operare il cosiddetto “sacco di Palermo”, gli interessi mafiosi che permisero a Bontate di regnare indisturbato in tutta la Sicilia non potevano che scontrarsi, anzi, allearsi, con la politica più disonesta per il controllo del territorio. Andreotti, che la sentenza giudicherà responsabile dei fatti ascrittigli, ma che solo la Storia giudicherà (!) viene nel film ridotto a mero pupazzo della Mafia, una figura senza spina dorsale e al totale servizio di Bontate che pare lo trattasse come uno sciocco.
In una terra dove la gente ha paura e il resto ubbidisce agli ordini dei più potenti, Piersanti Mattarella si erge come figura chiave dell’eroismo contemporaneo, sfidare Cosa Nostra e mantenere la legalità anche quando è impossibile. Ma un uomo onesto e integro, cresciuto nei valori della cultura del diritto, che non si piega anche quando dovrebbe, non può che creare fastidi. Mattarella aveva cominciato a negare appalti, a comprendere che i suoi amici lo stavano tradendo (Rosario Nicoletti si suiciderà probabilmente per sensi di colpa) e la mano violenta mafiosa non lo ha perdonato.
Si tratta della prima volta che questa storia esce sugli schermi, è dunque un film necessario per non perdere la memoria e la richiesta di una giustizia che ancora non si trova e anche se non sempre registicamente riuscito, è importante che questo lavoro sia stato fatto.
“Il Ministero ci ha negato i fondi per il sostegno a questo progetto – ha detto un arrabbiatissimo Grimaldi in conferenza stampa – ma noi siamo stati capaci di andare avanti lo stesso grazie a Edilizia Acrobatica e a Cine1 Italia che distribuirà anche il film”.
Nell’ottimo cast, lunghissimo, segnaliamo uno strepitoso Tony Sperandeo nei panni di Vito Ciancimino, Leo Gullotta come Rosario Nicoletti, Donatella Finocchiaro come Irma Mattarella e il misuratissimo David Coco nei panni del protagonista.