Sono passati vent’anni dalla morte di uno dei leader più discussi del Novecento italiano, e il suo nome, che una volta riempiva le cronache, è chiuso oggi in un silenzio assordante. Fa paura, scava dentro memorie oscure, viene rimosso senza appello. Basato su testimonianze reali, il nuovo film di Gianni Amelio non vuole essere una cronaca fedele né un pamphlet militante.
Hammamet, nei cinema dal 9 gennaio con 01 Distribuzione, si concentra più sull’uomo che sul politico. “Non volevo fare una biografia – rivendica il regista – né il resoconto esaltante o travagliato di un partito. Meno che mai un film che desse ragione o torto a qualcuno. Non sono mai stato socialista, non ho mai votato per Craxi, anzi mi infastidiva il suo presenzialismo. Voglio lasciare allo spettatore il compito di tirare le sue conclusioni portando sullo schermo il dramma umano di un re che ha perso il suo scettro e si ritrova solo, malato e lontano da casa”.
Se avesse voluto fare un film su Craxi, Amelio avrebbe dovuto ripercorrere la vicenda giudiziaria di una figura che ancora scatena accesi dibattiti tra giustizialisti e garantisti. L’ex Presidente socialista nel suo esilio volontario e forzato in Tunisia, è incarnato da un mimetico Pierfrancesco Favino: “In tutti noi esiste una memoria visiva di Craxi. Quello che ho cercato di fare è stato affrondire l’uomo più che il personaggio pubblico, le sue motivazioni, le sue paure e la sua coscienza”.
I nomi non si fanno perchè si conoscono. Nel film Craxi é semplicemente il “Presidente”. La figlia Anita, (Livia Rossi), Stefania nella realtà, è il contraltare emotivo con cui personaggio si confronta per urlare le proprie ragioni che trascendono dagli illeciti e giustificano ogni mezzo necessario a svolgere l’attività politica.
Hammamet è un film di vaglia, discutibile ma non liquidabile. Non è una storia di inchieste e processi, fatti sotto gli occhi di tutti, ma il ritratto di un uomo che ha avuto il pesante compito di rappresentare la fine di un’epoca. Amelio rivendica l’intenzione di non smembrare la memoria di Craxi, una figura a cui, secondo il regista, è stata negata l’umanità che si esprime verso chi ha sbagliato e si ritrova a sopportare un dolore umano, forte e devastante, con il quale è sempre difficile fare i conti.