“Quel giorno d’estate” di Mikhaël Hers segue i momenti drammatici che segnano le vite di chi è vittima di un attacco terroristico. La storia è quella di David, un giovane che si ritrova a occuparsi della sua nipotina Amanda dopo la morte della sorella. Il regista oltre a descrivere in modo accurato la dura prova personale e sociale a cui è sottoposto Davide, restituisce il ritratto della gioventù della Parigi odierna; questa inafferrabile “generazione Bataclan” che è stata oggetto di così tanti dibattiti dopo gli attentati del 13 novembre 2015.
Una luce di fine estate accarezza le pareti e i marciapiedi, i rami ondeggiano. La città, bella ma non idealizzata, sembra al tempo stesso innocente, vulnerabile e solida. La storia di David e Amanda è ambientata nella capitale francese, ma potrebbe essere Londra, Baghdad o Bombay. Il terrorismo crea orfani, distrugge le famiglie e le vite ovunque. “Gli attacchi hanno un forte impatto sul modo in cui le persone si comportano quotidianamente“, dice il regista. “Inconsciamente ma inevitabilmente si vive in uno stato di costante allarme. C’è un senso di insicurezza, per quanto vago, quando si è su una terrazza di un caffè o in un luogo pubblico affollato. Certo, c’è sempre la stessa possibilità di morire in un incidente stradale, ma un nuovo aspetto della vita quotidiana ora è il rischio di essere colpiti da un proiettile a Parigi, in Francia o in qualunque altro luogo“.
Quel giorno d’estate, al cinema dal 30 maggio, distribuito da www.officineubu.com, è un vero saggio di regia che dimostra la sua forza estetica con le inquadrature strette sui volti per avvicinare il più possibile lo spettatore alla storia dei protagonisti, raccontata con una naturalezza commovente. Non c’è ombra di retorica nella recitazione. Il film si distingue per la sua malinconia ed eleganza formale senza cedere alla tentazione di innalzare il pathos con qualche eccesso melodrammatico.
Mikhael Hers si conferma ancora una volta un abile acquerellista di sentimenti profondi e complessi dipinti sullo sfondo del calore dell’estate in netto contrasto con l’inverno del dolore in cui i protagonisti sono piombati. “Non intendevo fare un film sul 13 novembre ma sulla Parigi di oggi” – spiega ancora il regista. “Esistono i rapporti ufficiali, gli articoli di giornali e le immagini televisive che hanno ricostruito nei minimi dettagli quegli istanti terribili. Volevo invece affrontare gli attacchi dal punto di vista della tragedia intima“.
La sofferenza dei personaggi è silenziosa. In varie situazioni sembra addirittura che Amanda sia più forte di David piuttosto che il contrario. Al di là del dramma della loro perdita, il film è comunque positivo perché mostra la solidarietà di questi due personaggi che lottano per ristabilire l’equilibrio spezzato. Ciò che resta da vivere è l’amore che possiamo ancora ritrovare nelle piccole cose, anche quando abbiamo vissuto il peggio.