“Viviamo in un Paese in cui per molti, fortunatamente ancora non per tutti, non rispettare leggi e regole è diventato motivo di orgoglio e fonte di rivincita, da qualche tempo a questa parte”. In queste parole si può racchiudere la volontà del regista Riccardo Milani di denunciare la deriva delle regole di convivenza civile nel nuovo film “Cosa ci dice il cervello“, prodotto da Wilside e distribuito nelle sale da giovedì 18 aprile grazie a Vision Distribution.
Paola Cortellesi è Giovanna, una donna dimessa, addirittura noiosa, che si divide tra il lavoro al Ministero, gli impegni scolastici di sua figlia Martina e gli sfottò della sua esuberante mamma (Carla Signoris). Dietro questa scialba facciata, Giovanna in realtà è un agente segreto, impegnato in pericolosissime missioni internazionali.
In occasione di una rimpatriata tra vecchi compagni di liceo, i gloriosi “Fantastici 5” (Stefano Fresi, Vinicio Marchioni, Lucia Mascino, Claudia Pandolfi), tra ricordi e risate, Giovanna ascolta le storie di ognuno e realizza che l’Italia sta diventando un Paese invivibile. Un Paese incolto nel quale ogni regola è approssimativa, il suo rispetto incerto, mentre i tratti d’inciviltà non si contano.
Come possiamo essere gentili quando compiere un breve viaggio in auto è diventato una gimkana tra gli improperi? Il personaggio interpretato dalla Cortellesi, ormai musa ispiratrice al cinema e compagna di vita, è una donna che compie azioni importanti per la collettività senza mai esporsi. Non propone una ricetta universale e immediata contro la maleducazione e l’arroganza che purtroppo non esiste, come non esistono facili soluzioni ai problemi quotidiani di convivenza civile, ma si fa portavoce di sentimento comune:vogliamo un mondo migliore, più educato? Allora dobbiamo incominciare a essere migliori noi, non c’è altra soluzione.
Come da tradizione, Milani sceglie i toni della commedia senza divenire neppure troppo leggero e sfociare in una simpatia fine a se stessa, per raccontare piccole e grandi angherie al limite dell’assurdo a cui vengono sottoposti professori, medici e professionisti in un clima di generale inciviltà.
Il merito del film è trattare i suoi temi con piccole chicche narrative che permettono all’obiettivo sceneggiaturale di riuscire a farci riflettere su quello che di questi tempi ci passa per il cervello. Il regista di “Un gatto in tangenziale” restituisce ancora una volta l’immagine di un Paese che sembra aver smarrito la sua tradizionale civiltà di modi per fare spazio ad una società frantumata in un individualismo carognesco e prepotente.