“Noi Bolanisti siamo una setta” – mi dice ridendo Pippo di Marca, regista appassionato ma oserei quasi dire ossessionato, come me, dall’opera e dalla vita di uno dei più grandi scrittori della letteratura mondiale di ogni tempo, ovvero Roberto Bolaño, scrittore cileno scomparso nel 2003 a soli 50 anni.
“Bolaño è una di quelle persone, che, come Mozart, e tanti altri, senza esserne completamente consapevoli, sono abitati da una scintilla particolare, e vanno nel mondo con una felicità, una grandiosità, una complicità tragicomica, una capacità di comprendere le cose, una forza di sapersi schierare dalla parte degli ultimi, una vera e propria comprensione della Poesia della Vita che non è quella dei versi incarnata dai poeti. In più lui ha la capacità di entrare nelle cose europee in modo incredibile per uno nato in Cile e vissuto in Messico, lo paragaono ai grandissimi della letteratura mondiale, da Joyce a Borges, Lautreamont e via discorrendo. Lui, dove lo tocchi, suona”.
Dove lo tocchi, suona. Ed è veramente così. La musica delle sue parole si potrà ascoltare attraverso 3 appuntamenti: La linea spezzata della tempesta, martedì 16 aprile (ore 20); Passeggero Bolano (la nave dei sei personaggi), venerdì 3 maggio (ore 20); Dolores, la madre dei poeti, martedì 14 maggio (ore 20).
“Il trittico su e da Bolano è l’ennesima ‘manifestazione’ dell’innamoramento che negli ultimi dieci o quindici anni mi sono preso per questo grande scrittore cileno – commenta ancora Pippo Di Marca – Un innamoramento paragonabile a quelli da cui fui ‘invasato’ in gioventù e che provocarono le passioni che mi hanno alimentato in tanti spettacoli e avventure teatrali; mi riferisco in particolare a Lautréamont, a Duchamp, a Joyce, a Beckett, a Bernhard. Come è noto, sono stato il primo in Italia a metterlo in scena, a partire dal 2009, in più occasioni, le ultime delle quali sono state “La parte di Bolano: Il quinto cavaliere” (Teatro India, 2012 e proprio il testo con cui si apre il trittico, “La linea spezzata della tempesta” (Circolo dei Lettori, Torino, 2014). E dire che Roberto l’ho conosciuto per caso, intorno al 2004 quando lui, purtroppo già morto, mi venne incontro in una libreria mentre stavo facendo tutt’altro. Stavo facendo uno spettacolo e avevo però bisogno di leggere altro, ed ecco che compare lui”.
Uno scrittore-mondo che oltre ai romanzi, di cui il più famoso resta “2666”, per me una sorta di Divina Commedia contemporanea, senza dimenticare “I detective selvaggi” e una serie di racconti brevi e poesie che sono autentici capolavori da cui Pippo di Marca ha tratto questa trilogia.
“Quello che lui scrive non è prosa, è vera e propria poesia. Se penso a Foster Wallace penso immediatamente a grande prosa, ma in Roberto arriviamo alla prosa poetica (come in Moby Dick, n.d.r.), poesia che lui coglie anche nella più grande e semplice quotidianità, perchè lui può mettere insieme l’Alfa e l’Omega come nessun altro. La Poesia è una sacralità, una spiritualità, che non ha parole, resta un mistero indefinibile, la ricerca di un santo Graal, di un Assoluto che lui coglie in modo magistrale”.
La Trilogia si apre martedì 16 aprile (ore 20) con La linea spezzata della tempesta, che allude propro all’impossibilità di individuare il senso ultimo della poesia, di inabissarsi nelle sue misteriose profondità e uscirne vivi, e tuttavia alla necessità, al coraggio di non smettere mai di cercarla, di non rinunciare mai al “viaggio”, non abbandonare mai la nave, o il “battello”, a tutti i costi. Sapendo o sperimentando sulla propria pelle che non esiste alcuna linea diritta, esiste solo un orizzonte perpetuo di linee “spezzate” in una sorta di “tempesta” permanente. La tempesta di Bolano ha come padri, Lautréamont, Rimbaud, Baudelaire e Mallarmé, che lui chiama i “quattro cavalieri dell’Apocalisse del moderno”. Così, in un’immaginaria ultima conferenza Bolaño viaggia con la loro poesia, con i loro fantasmi, e con l’incombere fatale della sua morte e del verso di Baudelaire “Un’oasi d’orrore in un deserto di noia”, che verosimilmente è il mantra sul quale ha costruito l’intera sua opera.
Si prosegue venerdì 3 maggio (ore 20) con Passeggero Bolano (la nave dei sei personaggi), un viaggio di fantasmi, un viaggio per nave. Un vascello fantasma che naviga in un mediterraneo spettrale, senza geografia alcuna. Nel quale il fantasma di Bolaño e quello di Pirandello, che non sono neppure certi della loro identità, sembrano incontrarsi e sovrapporsi, mentre verso di loro e contro di loro avanzano sei personaggi altrettanto fantasmatici, con fattezze e posture e modi che ricordano i Sei personaggi, e ingaggiano con i loro presunti autori una “battaglia” piena di interrogativi intorno alla loro identità, non alla propria, di personaggi: “vogliono sapere se sono realmente Bolaño o Pirandello; e se non lo sono, chi sono? chi vorrebbero essere? per chi vorrebbero spacciarsi?”.
Chiude la Trilogia martedì 14 maggio (ore 20) Dolores, la madre dei poeti, lettura scenica di Anna Paola Vellaccio. Dolores era una donna avanti negli anni, una giramondo dell’America latina che viveva a Città del Messico come una rifugiata e era amante della poesia, completamente persa e immersa nella frequentazione e nella bohème dei giovani poeti, tanto da considerarsi la “madre dei giovani poeti messicani e latinoamericani”. Durante la rivolta studentesca che a Piazza delle tre Culture di Città del Messico nell’ottobre del ’68 portò al massacro di cinquecento studenti da parte della polizia e dei militari, per sfuggire alla loro cieca violenza Dolores si nascose nei gabinetti della vicina Università. Dove restò autoreclusa per molti giorni, leggendo le poesie dei suoi amati giovani poeti, girando solitaria, in compagnia delle loro ombre, all’interno dell’edificio deserto e fantasticando su se stessa e sulla sorte della poesia “e dei suoi “figli”. Tra cui Bolaño, che a tratti evoca e ricorda come fosse la madre”.