C’è una nuova arte, nello spettacolo, ed è il circo contemporaneo. Un fermento che attraversa tutta Europa, catalizza una generazione di professionisti e pubblico di ogni età. Il circo si è reinventato.
Sotto il tendone o per strada, è un circo senza animali, con artisti internazionali, una marcata ricerca poetica al posto della esasperazione virtuosistica, senza confini tra acrobazie, clownerie, giocoleria, teatro e musica, con un approccio aperto e mite, urbano e metropolitano, adatto alle periferie come alle grandi città. Parla, appunto, alla contemporaneità.
E’ un momento entusiasmante per l’Italia, altrimenti sempre dietro la Francia in questo campo e mai patria accogliente dello spettacolo di ricerca.
Il campo, le prove, lo spettacolo Circo d’Inverno a Città di Circo – foto Ums
Abbiamo incontrato il circo contemporaneo a Bologna nella sua forma più collettiva, quella “sotto chapiteau”, il tendone, nel Circo d’Inverno a Villa Angeletti durante gli ultimi giorni di recita del periodo natalizio dello spettacolo “Il volo del Panettone”, in associazione con In Festival, con Forum Nuovi Circhi, Circo Baraka e Quartiere Navile, patrocinato dal Comune. Un vecchio Nokia squilla in continuazione, si risponde sempre, “Circo Panettone. Mi dispiace è tutto esaurito”.
A Villa Angeletti, grazie al Comune di Bologna, il Circo Paniko, nato nel 2007, forse il primo circo contemporaneo italiano, sta riuscendo con Città di Circo a dare continuità di presenza. I bolognesi ormai sanno dove andare.
“Il circo è sempre nomade – spiega Giacomo Martini del Side Kunst Cirque – ma è anche importante avere un luogo accogliente di riferimento in una città”. Questo consente di far conoscere la cultura del circo contemporaneo e di creare un punto di riferimento. Le regole del circo autoprodotto sono chiare: la filosofia è quella dell’autonomia, tutto automontato e autogestito, senza prezzo. A novembre 40 rappresentazioni a Città di Circo sempre stracolme.
“L’ingresso è libero, l’uscita è a offerta consapevole” si legge anche sulla locandina del “Volo del Panettone“, locandina da cui si staglia una assai femminile donna barbuta, “fenomeno da baraccone” nell’Ottocento, poi freaks, oggi richiamo alla bellezza delle diversità. “Abbiamo montato tutto noi – ci spiega Chiara, toscana d’origine e ben presto involata verso le scuole di danza, poi di trapezio, di fama internazionale – il tendone, il bar, i bagni, organizzato le utenze, la cucina collettiva. Ci paghiamo noi le spese e qui è tutto a prezzo libero, anche le consumazioni. Entra chi vuole. Al circo non dici mai di no”. E’ l’autonomia applicata.
Un momento dello spettacolo Circo d’Inverno a Bologna – foto Ums
Con Giacomo, Anhalou e Max, Chiara è stata tra gli organizzatori del “Circo d’Inverno” a Bologna, che ha riunito per la prima volta quindici artisti da tutto il mondo, francesi, italiani, sudamericani, German Caro Acople, Chiara Bagni, Cecilia Manfrini, Lucas Elias, Tatie Petanol, Ruben Tenenbaum, François Neveu, Priscilla Mateo, Anhalou Serre, Leo Royer, Tanguy Stenfort, Max Farout, Fabrizio Adamo, Jimmy Boy. Hanno fuso musica dal vivo, canto, teatro, circo, trapezio e corda volante, palo cinese, acrobatica collettiva, giocoleria in una miscela tra grazia ed esplosività, con una vena teatrale o clownesca, ma senza naso a pallina, che attraversa in modi diversi tutti.
La scelta del circo senza animali non vuole essere antagonista, ma semplicemente una scelta. “Nasciamo tutti dal circo tradizionale – spiegano Chiara e Giacomo – che in Italia ha una storia importantissima, ma pensiamo si possano fare spettacoli belli anche senza le tigri”. Sta di fatto che la divisa d’ordinanza paiono essere pellicciotti vecchi, quasi sempre di una taglia in meno, ecologici o forse trovati in fondo a bauli della nonna e che non riescono a trasmettere serietà.
Appena arrivati gli artisti diventano subito un collettivo o, volendo, una famiglia. Una comunità orizzontale dove il patto è saldo, che ci si conosca o no. Perché se sei tu che mi prepari il trapezio, il patto non può che essere saldo.
“Il volo del Panettone” è stato montato in pochi giorni al campo, con prove sotto il tendone e riunioni nel container cucina, sempre ben rifornito, perché il cuoco è fondamentale. “Ognuno ha proposto i suoi numeri – spiega Chiara – e insieme abbiamo montato lo spettacolo, affidando a qualcuno di noi il ruolo di ‘occhio esterno’. Si decide insieme, perché tutti si debbono sentire bene in quello che sta succedendo”.
Si può dunque convivere, da un momento all’altro, anche venendo da mondi lontani, perché si condivide a monte un progetto: “Sai perché e come vieni qui – continua Chiara – per lavorare, per creare, per sperimentare idee artistiche, condividere l’entusiasmo quando nasce qualcosa di bello”.
Partager, condividere, è l’altro principio che vede vivere insieme questi artisti che restano, comunque, nomadi: “La vita è fatta di partage – dice Chiara – non solo tra noi, con il genere umano in generale. E per condividere devi vivere. Noi non siamo capaci di condividere con le parole, le parole non sono i nostri strumenti, lo facciamo con il trapezio, la musica, il circo”.
“Il volo” va in scena alle nove di sera, quando il tendone è pieno e si alza una nebbia vaporosa, al suono di una musica sfrenata, un klezmer elettrico, per darne una modesta idea. Entrano e sono attori, malinconici, scoppiati, ilari, grotteschi, nevrotici, dolci, poi esce la grande solidità artistica del circense: un trapezio furioso, acrobazie tra coltelli e mela, una magica sfera di cristallo, evoluzioni al palo cinese, il contrabbassista che suona sospeso, due trapeziste che sono tutt’una, il canto malinconico e potente di “Amandoti”.
Il panettone? Non c’è, se lo sta mangiando, seduto tra il pubblico, un Babbo Natale smemorato, che si è scordato i regali. Sembra destinata alla sua faccia, o forse al pubblico, la torta di panna che ostenta Chiara, appesa al trapezio per i capelli intrecciati a un anello, ma che lei invece, come da tradizione, si tirerà addosso. Alla fine Babbo Natale, simbolo di una festa che non sa più essere festa, verrà graziato, perché al circo c’è posto persino per lui.
Ritratti di alcuni tra gli artisti internazionali di circo contemporaneo presenti a Bologna, al Circo d’Inverno – foto Ums)
Un circo e teatro per tutte le età, quindi, con una forte sostanza etica e culturale, in cerca non certo di istituzionalizzazione, ma di riconoscimento, perché chi non ha nome, è sempre a rischio di scomparsa. E non sarebbe una bella magìa. La magìa sarebbe che il teatro contemporaneo trovasse cittadinanza in Italia, nel sistema italiano dello spettacolo e nel pubblico delle più grandi città. C’è quindi da augurarsi che il cammino iniziato nel 2016 dal Forum dei Nuovi Circhi Fnas, in seguito al successo del circo contemporaneo in Italia, riesca a proseguire nell’affermazione di una realtà che sa intercettare pubblico e diffondere cultura.