Ben 5 minuti di applausi in sala per «Il bene mio» di Pippo Mezzapesa. il regista pugliese, al suo secondo lungometraggio, convince il pubblico del Festival Venezia, con il suo delicato e poetico film. Presentato come evento speciale delle Giornate degli autori, uscirà al cinema il 4 ottobre. Protagonista è Sergio Rubini, nel ruolo di Elia, ultimo abitante del paese fantasma di nome Provvidenza, distrutto dal terremoto. L’uomo, ‘custode della memoria’ e del senso di comunità che sono andati perduti tra le macerie, non vuole abbandonare quel luogo pieno di ricordi.
Rimasto affascinato dalla vita che rimane in questi posti, il regista racconta a TheSpot.news come nasce l’idea del film. «Da una passione che ho per i paesi fantasma, disabitati dopo uno spopolamento graduale o dopo eventi naturali. Ho deciso di raccontare l’ultimo abitante rimasto, un uomo ancorato alla sua realtà che con il suo sguardo parla anche di una comunità dissolta che ha perso la memoria». E sottolinea il bisogno di tornare uniti. Un messaggio chiaro su come la vicinanza possano esorcizzare la sofferenza. «Elia con il suo amore per la vita riesce a rimettere insieme questa comunità, ad elaborare il lutto e allontanare il dolore. E’ un esercizio comune. Non ci potrà essere un futuro se ognuno di loro non si riappropria di un pezzettino della vita passata. La ricostruzione di una esistenza insieme è l’unico modo possibile per andare avanti».
Girato tra Apice, paese rimasto disabitato dal terremoto in Irpinia del 1980, e Gravina di Puglia, ripercorre un dolore attuale: quello delle scosse che negli ultimi anni hanno devastato il centro Italia. Una storia che nasce dal desiderio di mantenere in vita il ricordo di un passato fatto di strade oggi silenziose, edifici, piazze e spazi in comune scomparsi, ma in realtà vivi, attraverso un bizzarro outsider.
«Elia non è un eremita triste, ma è un personaggio tenace e combattente. E’ energico. Talmente vitale da farti sembrare che i morti siano gli altri, quelli che sono andati avanti. Quello vivo sembra lui perché ha un passato. E noi siamo vivi perché abbiamo un passato», ammette Sergio Rubini evidenziando di essere rimasto affascinato da questo personaggio, non solo per lo sguardo del regista, per la sua storia raccontata ma soprattutto per il registro delicato nell’affrontare un tema drammatico, «nonostante sia un film sul terremoto e l’elaborazione del lutto non è tragico, ma la sua prima nota è la grazia, la dolcezza e l’ironia». Ed insegna una grande verità, «per andare avanti bisogna sempre fari i conti con il nostro passato anche se è doloroso». Nel prepararsi a interpretare Elia, che prova ad rimarginare la ferita profonda della scomparsa di sua moglie, l’attore si “allenato”. «Ero molto attivo, tonico. In questa maniera ho affrontato fisicamente il personaggio. Vittorio Gassman diceva che “un attore è un atleta”. E ogni volta provo a partire dal corpo, dal cuore e molto meno dalla mente».
Accanto a Sergio Rubini anche un cast di ottimi attori, gli altri ‘abitanti’ di Provvidenza, interpretati da Dino Abbrescia, Francesco De Vito, Sonya Mellah, Teresa Saponangelo, Michele Sinisi e Caterina Valente. Ognuno con la propria storia e il tentativo di allontanare il dolore che li accomuna ai cittadini delle tende, delle casette di legno provvisorie, e dei grandi cantieri a cielo aperto che popolano le zone ancora non ricostruite. Molto resta ancora da fare, nonostante gli interventi del Governo e le promesse dei vari politici di turno.