Nato da una richiesta di Cgil Puglia e Flai Puglia, il cortometraggio “La giornata”, sulla morte di Paola Clemente, bracciante di 49 anni morta il 13 luglio 2015 mentre lavorava nelle campagne pugliesi, conferma che la strada per combattere la piaga del caporalato, il sistema illegale di reclutamento di manodopera per il lavoro agricolo, è ancora tutta in salita. I due incidenti stradali che, a pochi giorni di distanza, hanno provocato la morte di 16 stranieri impiegati nella raccolta dei pomodori della Capitanata hanno riacceso l’attenzione della stampa su un fenomeno che non riguarda solo gli stranieri.
“Si è partiti dall’inchiesta per Repubblica di Giuliano Foschini e dalle dichiarazioni raccolte negli atti giudiziari per costruire un racconto a più voci dell’ultima giornata di lavoro e di vita di Paola”, ha raccontato a TheSpot.news, Pippo Mezzapesa. Il regista è atteso oggi a Vicoli Corti (Massafra) per una proiezione straordinaria del corto. Paola Clemente lavorava nei campi ed era addetta alla cosiddetta acinellatura dell’uva. Ogni notte si alzava e percorreva circa 150 chilometri per raggiungere Andria alle 5 di mattina e lavorare fino al primo pomeriggio sotto un sole cocente per circa due euro all’ora. Un giorno non tornerà più a casa viva. Viene sepolta senza autopsia e con il nulla osta del magistrato di turno sul parere del medico legale è attesta che si è trattata di morte naturale.
Paola e gli altri schiavi dell’oro rosso, sono le vittime di un’organizzazione gerarchica che dal Nord al Sud Italia può contare sull’appoggio di circa 30mila aziende italiane. Un report della Federazione lavoratori agro industria Cgil (Flai Cgil) ha stimato che il «business del lavoro irregolare del caporalato», produrrebbe un valore d’affari tra i 4 e 5 miliardi di euro. Un sistema criminale che coinvolge almeno 400mila lavoratori sia italiani che stranieri. Iniziano alle tre di notte, lavorano dalle 8 alle 12 ore al giorno, in condizioni disumane. La paga media, in genere, si aggira tra i 20 e i 30 euro al giorno, il lavoro a cottimo sui 3-4 euro (ma si può arrivare anche sotto a 1 euro l’ora). Vivono nelle baracche, nelle masserie abbandonate o in accampamenti di fortuna.
In Italia, c’è una legge sul contrasto al caporalato dell’autunno 2016. Prevede sanzioni sia per i reclutatori che per i datori di lavoro coinvolti nell’utilizzo della manodopera, con pene di reclusione da uno a sei anni e multa da 500 a 1000 euro per ogni lavoratore reclutato, con un’aggravante in caso di violenza e minacce che aumenta la reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1000 a 2mila euro. Ma i sedici morti sulle strade foggiane ci raccontano un’altra realtà: il fenomeno gode ancora di ottima salute.
“Il caporalato è la cartina al tornasole di una situazione nazionale”, ha aggiunto Mezzapesa. Il regista pugliese sarà al Festival di Venezia 2018 con ‘Il bene mio’, lungometraggio che racconta l’amore verso un paese terremotato. “Penso che sia qualcosa di cui un paese civile si debba vergognare. Ma temo che il senso di civiltà, di umanità si stia definitivamente perdendo. Servirà questa ennesima strage a smuovere le coscienze? Non lo so. Ma fino a quando ci sarà gente così disperata da rischiare la morte pur di cercare di sopravvivere giorno dopo giorno, la soluzione non sarà semplice. Intanto mentre la politica si dibatte per l’applicazione della legge, la mattanza continua. Ma è altrettanto chiaro che la prevenzione passa anche da un’azione di sensibilizzazione per combattere omertà e connivenza, vere piaghe che consentono all’infamia dello sfruttamento di proliferare“.