Ogni paese ha almeno una storia da raccontare. Nel film documentario, Mondo Za, appena uscito in home video con Cecchi Gori Group, Gianfranco Pannone segue le tracce di cosa è rimasto di Cesare Zavattini, sceneggiatore e padre del cinema neorealista, tra la sua gente e i suoi luoghi della Bassa reggiana.
TuttoSommato.info lo ha intervistato.
Come è nato il progetto di Mondo Za?
Il documentario nasce a Parma quattro anni fa, all’interno di un gruppo di lavoro nato intorno a un workshop sulle barricate antifasciste del ‘22. Con Primo Giroldini e Nico Carrato, abbiamo pensato che fosse bello provare a raccontare la vicina Bassa reggiana, dove 10 anni fa avevo già realizzato Il sol dell’avvenire, immaginando quel mondo anche attraverso gli occhi curiosi e appassionati di Zavattini. Mondo Za nasce, dunque, in Emilia, con il contributo della Film Commission regionale, poi sono arrivati Raicinema e l’Aamod. Ed è bello oggi che questo piccolo film, che esiste anche grazie all’aiuto spontaneo e commovente di tanti amici che vivono a Luzzara e dintorni, ora sia distribuito nelle librerie e nei videostore da Cecchi Gori Group.
Sembra che l’unica chance di una società in declino sia nei giovani di origine straniera che prendono il testimone della nostra cultura…
Cesare Zavattini credo che avrebbe amato Prince Brown, il giovane rapper nero che in Mondo Za scrive e canta canzoni partendo dalle sue parole, dalla sua poesia. Lo avrebbe amato semplicemente perché Za è un figlio della Bassa, terra che ha sempre accolto l’altro sia per la sua conformazione geografica che per la sua lunga storia piena di passaggi epocali dal Nord passando per il fiume Po, che fossero i lanzichenecchi piuttosto che le truppe napoleoniche o austro-ungariche. La Bassa è una terra costretta a essere aperta ed è proprio questo a renderla unica. Ed è il motivo per cui non credo affatto che quella che ho visitato sia una terra in declino. Anzi.
Certo c’è il passato. Un passato bello e struggente. Un passato che ha visto per protagonisti i partigiani rossi e il buongoverno del comunismo dal volto umano, per esempio. Ma in ogni modo, pensando proprio a Zavattini, ho fatto di tutto per scansare le tentazioni nostalgiche. E Prince, appunto, rappresenta la linfa nuova che di sicuro piacerebbe al grande Za e di cui qualsiasi comunità ha bisogno periodicamente. Il mio è anche un messaggio politico in questo periodo che vede il mondo, Italia compresa, alzare muri d’ogni tipo. E peccato che in tanti non hanno capito una cosa: quando la gente si muove, per fame o per fuggire dai regimi dispotici, niente e nessuno la può fermare. Ed è proprio la storia a insegnarci che da sempre qualsiasi ostilità verso i cambimenti che sono nelle cose, non è stata mai capace di fermare gli uomini che si mettono in viaggio. Salvini e la Lega, dunque, si mettano il cuore in pace.
Come ha scelto i personaggi da raccontare? Il pittore naif, il fotografo comunista Giovanni, un ragazzo di colore..
Ho scelto quattro testimoni principali che potessero restituire il passato e il presente (ma credo anche il futuro) di una terra dalla lunga storia. La figura di Leo, detto Pavone, il pittore naif, mi commuove in quanto rappresenta il passato, un passato innocente dove l’uomo viveva vicino all’animale, alla natura, in assoluta semplicità. Zavattini avrebbe capito Pavone. Confesso, però, che quando l’ho incontrato per la prima volta, Pavone mi ha fatto pensare piuttosto a certi personaggi de L’albero degli zoccoli di Ermanno Olmi, regista al quale piace ispirarmi.
Ecco, Pavone è come se fosse stato catapultano ai giorni nostri. E poi ci sono gli altri testimoni insieme a lui e a Prince. Wainer forse è il più nostalgico di tutti; figlio di una staffetta partigiana, vive con difficoltà il presente, fatica a riconoscersi nella sua terra e col fratello prova a pescare nel Po il pesce siluro, quasi il simbolo di un nuovo dalle fattezze inquietanti che viene da fuori e che mangia tutto quello che vede. Mentre Giovanni, più anziano di Wainer, scava con l’inseparabile macchina fotografica nella Bassa del pittore naif Ligabue e delle feste dell’Unità che un tempo animavano il caldo paesaggio estivo della Bassa, senza nostalgia, incontrando uomini e paesaggi con il suo bel sorriso e una calda, indomita curiosità.
Dove sono le tracce di Za nella attuale Bassa Reggiana?
Il Mondo di Za nella Bassa bisogna andarselo a cercare. Non tanto e non solo al Centro studi Zavattini, magnifico luogo di aggregazione che da anni a Luzzara (il paese dove Za è nato e dov’è la sua tomba) e nella Bassa reggiana rappresenta il primo riferimento culturale, ma nelle campagne, nei borghi, che ora sono perlopiù abitati da comunità indiane e pakistane occupate a governare le mucche da latte. Detto ciò, la magia del mondo di Zavattini è nel sapersi meravigliare di ciò che ci circonda, di tornare un po’ bambini. Non è importate che tu veda, ma come tu sai vedere. Insomma, la poesia del mondo dobbiamo imparare a cercarcela da soli, senza mai smettere di essere curiosi di tutto. Credo che da questo punto di vista la lezione di Zavattini sia ancora attuale e anche dirompente sul piano politico.