Dopo due mesi di impasse, nelle ultime settimane si sono avviate esplicite trattative tra M5S e Lega per formare un governo che potrebbe avere una maggioranza solo risicata, dati i numeri parlamentari delle due forze politiche, le quali hanno per di più posizioni spesso diverse su tante questioni.
Perciò, il programma (stranamente chiamato “contratto”) di governo si è dovuto contorcere di molto. Prima per piallare o eliminare le questioni più difficilmente conciliabili tra M5S e Lega. Poi per limare o cancellare le questioni più dirompenti sulla posizione esterna dell’Italia nelle alleanze internazionali e, soprattutto, nei rapporti con l’Unione Europea.
Il risultato è un programma che somiglia a un Frankenstein: una serie di spartiti incollati l’uno accanto all’altro; alcuni brani cancellati per cercare il consenso.
Parallelamente si sta giocando una partita per identificare chi sarà il presidente del consiglio (stranamente chiamato “esecutore”) cioè, continuando con la similitudine precedente, il direttore d’orchestra. E il “contratto” prevede che il direttore d’orchestra debba chiedere permesso a una commissione prima di muovere la bacchetta.
È ovvio, bisognerà anche aspettare che sul “contratto” e pure sull’identificazione del direttore d’orchestra e sui ministri si esprima il Presidente della Repubblica. Le sue prerogative gli impongono di fare uno scrutinio accurato che vi sia il rispetto formale e sostanziale dei trattati internazionali e di molti altri requisiti che l’Italia non può disattendere. E non si può escludere che lo scrutinio di Mattarella provochi ulteriori significativi aggiustamenti.
Ma il bello davvero verrebbe se qualcuno chiedesse a Di Maio e Salvini di tradurre il “contratto” in inglese.