Comuni Mortali, il nuovo album di Achille Lauro, uscirà il 18 aprile. È il suo settimo lavoro discografico, un inno ai sentimenti comuni, raccontati da un artista che di comune ha ben poco. Eppure, paradossalmente, è l’album più umano della sua carriera. Lauro si spoglia delle piume di pavone, delle lacrime di glitter e dei mantelli da incoronazione, restando in piedi, vulnerabile, nudo come Francesco. Non per farsi vedere, ma per raccontare.
Le dodici tracce, scritte tra Los Angeles e New York – città dove il mito della pop star continua a vivere, semplicemente sotto nuove maschere – affrontano ancora una volta il tema dell’identità. Le maschere, questa volta, sono più sottili e intime: non servono a stupire, ma a proteggere. Le canzoni non cercano l’effetto, ma la permanenza. Vogliono restare. Lauro non è mai stato incasellabile. La sua è una poetica del disincanto, fatta di icone pop e devozioni laiche. In Comuni Mortali, questo incanto si traduce in parole semplici e melodie che sembrano strappate a un diario scritto tra una tappa e l’altra di una tournée interiore.
Tra i brani spiccano una canzone dedicata a sua madre (“Cristina”), una su un amore perduto e una su Roma, la città che lo ha cresciuto e tradito. È AMOR, la focus track: un notturno romano sussurrato al cielo, in cui l’amore si fa preghiera laica — “abbracciami Roma prima di addormentarci stasera”. Il brano è già apparso su TikTok, non per diventare virale, ma come messaggio in bottiglia destinato a chi ha orecchie per ascoltare.
Comuni mortali è un’espressione spesso usata per descrivere chi non ha toccato il cielo, chi non ha vinto, chi non è leggenda. Ma Lauro ne ribalta il significato: i comuni mortali, dice, sono quelli che lasciano davvero un segno. Non nei palmarès, ma nelle vite degli altri, nei ricordi, nelle dediche. Il disco è una raccolta di questi frammenti: una ballata malinconica che parte dal personale e arriva a parlare a tutti. È un’ode alla fragilità, all’amore incondizionato, al tormento — quel tipo di dolore che ti abita dentro e non se ne va più. Quello che ci rende uguali. E per questo, immortali.
La copertina, firmata Luigi & Iango, è un altro esercizio di senso. Lauro è ritratto accanto a una farfalla: simbolo di trasformazione, bellezza effimera, ma anche vita oltre la vita. L’animale perfetto per una pop star che ha saputo farsi crisalide mille volte. Sì, è tutto costruito. E per fortuna. Perché costruire un personaggio pop è un’arte che rischiavamo di dimenticare. Lauro, invece, da anni ci ricorda che si può essere performer totali senza piegarsi alla “verità” preconfezionata dei talent show. Che l’artificio può raccontare la verità meglio della verità stessa. Sa che mettersi in scena significa offrirsi allo sguardo affamato del pubblico, ma anche scegliere come farlo. Sa che essere desiderati è un’altra cosa rispetto al semplice voler piacere.
Chi vuole assistere dal vivo a questa nuova metamorfosi potrà farlo molto presto. Le due date al Circo Massimo (29 giugno e 1° luglio 2025) sono già sold out, e nel 2026 partirà il tour nei palazzetti. Sarà una liturgia pop che attraverserà tutta Italia. Un rito collettivo dove non si va solo per ascoltare canzoni, ma per abitare un mondo. Un mondo fatto di amore, dolore e spettacolo, dove il comune mortale diventa icona, e la pop star non è solo un ragazzo fortunato, ma un artigiano dell’illusione. Un artista della finzione. Un sacerdote dell’emozione. Perché sì, Comuni Mortali è un disco. Ma anche un incantesimo. Di quelli sussurrati. Di quelli che restano.