Sarà disponibile dall’11 gennaio in esclusiva su RaiPlay “Sofia”, opera prima della talentuosa regista marocchina Meryem Benm’Barek, già vincitrice del premio Un Certain Regard per la migliore sceneggiatura a Cannes nel 2018. Un film che intreccia con maestria denuncia sociale e crudo realismo, offrendoci uno spaccato vivido e sconvolgente del classismo e del patriarcato che ancora pervadono la società marocchina.
Una protagonista che svela il volto nascosto della società
La storia di Sofia (interpretata dalla convincente Maha Alemi) non è solo la vicenda personale di una giovane donna intrappolata nelle maglie strette di una cultura oppressiva, ma è anche un racconto universale sulle aspettative, le apparenze e i diritti negati. Ventenne, timida e poco avvezza a ribellarsi, Sofia vive con i genitori a Casablanca, inconsapevoli della sua gravidanza avvenuta fuori dal matrimonio: un tabù così estremo che rischia di trasformarsi in una condanna penale.
Meryem Benm’Barek disegna con precisione chirurgica il contrasto tra Sofia e il resto della sua famiglia, in particolare la cugina Lena (Sarah Perles), figura che incarna tutto ciò che Sofia non è: elegante, cosmopolita e professionalmente ambiziosa. Questa dualità, giocata tra due mondi – uno ancorato alle convenzioni patriarcali, l’altro che si nutre di un’apparente modernità occidentale – diventa il prisma attraverso cui osservare le crepe di una società profondamente classista.
Una gravidanza segreta come detonatore sociale
La trama si snoda con ritmo e tensione drammatica. Durante un pranzo di famiglia, Sofia accusa un forte malessere: per Lena, il sospetto di una gravidanza è immediato. In un crescendo di eventi, Lena trascina la cugina in ospedale, dove Sofia partorisce illegalmente, entrando in un vortice che mette in discussione norme, ruoli e valori. La legge marocchina infatti punisce con il carcere i rapporti sessuali fuori dal matrimonio, esigendo prove immediate di paternità per evitare conseguenze penali.
Questo dettaglio legale diventa simbolico: un macigno che grava non solo sul corpo della protagonista, ma sull’intero sistema di convenzioni che tiene insieme il fragile equilibrio della società marocchina.
Una regia che graffia e un cast magnetico
Meryem Benm’Barek si dimostra regista dalla visione acuta e potente. Attraverso una narrazione asciutta e dialoghi che trasudano autenticità, “Sofia” scava a fondo nei rapporti umani, rivelando non solo i conflitti interiori dei personaggi, ma anche quelli di una società ossessionata dalle apparenze. Il cast, impreziosito dalla presenza di attori di talento come Lubna Azabal e Faouzi Bensaïdi, amplifica la portata emotiva di una storia che resta addosso, graffiante.
Dietro le quinte: un racconto personale e politico
Le origini del film affondano nelle esperienze personali della regista, che racconta: “Da adolescente mia madre mi parlò di una ragazza accolta dai miei nonni, incinta e costretta a sposarsi in fretta e furia. È una storia comune in Marocco, dove il matrimonio non è solo una necessità legale, ma anche un simbolo di status sociale”. Questo intreccio tra dimensione privata e politica emerge con forza in ogni inquadratura, rendendo il film un’opera tanto intima quanto universale.
Un affresco impietoso ma necessario
Sofia è un’opera che non si limita a denunciare, ma che interroga. Lo fa senza retorica, affidandosi alla forza della narrazione e a un’estetica che mescola realismo e una sottile poesia visiva. Con la sua uscita su RaiPlay, il pubblico italiano ha l’occasione di immergersi in una storia che, pur ambientata in Marocco, parla a tutte le società ancora intrappolate nel gioco delle apparenze e delle disuguaglianze di genere.
Non lasciatevi sfuggire questa perla cinematografica, capace di scuotere e di accendere riflessioni profonde. “Sofia” non è solo un film: è uno specchio, a tratti doloroso, in cui guardare per comprendere la portata di ciò che significa resistere e sopravvivere in un mondo che troppo spesso chiude gli occhi di fronte all’ingiustizia.