“Quando ti propongono un progetto del genere, devi avere la giusta consapevolezza e follia”, racconta Matilda De Angelis, parlando della sua esperienza sul set di Citadel: Diana. Questo nuovo capitolo italiano della serie prodotta dai fratelli Russo, in esclusiva su Prime Video dal 10 ottobre è un’immersione totale in un mondo futuristico ma profondamente legato all’identità italiana. De Angelis si fa portavoce di una narrazione che cerca di unire la spettacolarità all’esplorazione emotiva.
L’attrice, che ha un passato da ginnasta, si è preparata per mesi per realizzare in prima persona il 90% delle acrobazie, senza ricorrere quasi mai a controfigure. “Escludere la parte fisica sarebbe stato impensabile”, confessa. Per Matilda, Diana è una macchina da guerra, una sorta di supereroina italiana: forte, determinata, ma anche emotivamente complessa. “C’è una dualità costante in lei”, prosegue l’attrice, “vive intrappolata tra quello che è stato e quello che potrebbe essere, tra due vite che non si incontrano mai veramente”. Un taglio di capelli che divide in due il suo volto è un simbolo visivo di questa scissione, con una parte che rimanda al passato e l’altra più corta e severa, che rappresenta il presente.
Arnaldo Catinari, regista dei sei episodi, ha scelto di ambientare la serie in una Milano distopica del 2030, dove il Duomo è stato distrutto e la città è segnata da un controllo militarizzato. La visione di Catinari è chiara: “Volevamo una Milano che potesse apparire credibile, un futuro che sembrasse possibile”, afferma. Questa scelta di mescolare elementi del passato e un’architettura familiare con un contesto tecnologico avanzato è stata dettata dalla volontà di creare un ambiente che fosse insieme spaventoso e realistico, capace di porre interrogativi sul futuro prossimo dell’Italia.
Nonostante sia parte di un progetto globale, la produzione di Citadel: Diana ha cercato di mantenere un’identità italiana precisa. I fratelli Russo, noti per film di successo come Avengers: Endgame, hanno lasciato completa libertà creativa al team italiano, che ha potuto costruire una serie d’azione molto differente da quelle americane. “Mi sono ispirato più al cinema di Hong Kong che a quello americano”, racconta Catinari, che preferisce le sequenze analogiche, coreografate con precisione e prive di eccessivi effetti speciali. “Volevo che le scene d’azione fossero emotive, legate ai personaggi e non solo spettacolo fine a sé stesso. In Italia, non capita spesso di poter girare action così: è stata un’opportunità irripetibile”.
La showrunner Gina Gardini, già nota per il successo di Gomorra e Suburra, ha spiegato come la serie nasca da un’esigenza di raccontare qualcosa di più profondo di una semplice storia d’azione. “Volevamo creare un prossimo futuro che riflettesse i timori del presente”, dice, “un futuro che fosse radicato nella nostra identità, un’immagine che, osservandola, potesse far pensare allo spettatore: ‘Questo potrebbe succedere qui’”. L’immagine del Duomo distrutto non è solo un espediente narrativo, ma un simbolo potente di perdita e trasformazione.
Il personaggio di Diana diventa così un’esplorazione dell’oppressione e della liberazione emotiva. Diana è costretta a reprimere le sue emozioni, un insegnamento impartitole dal suo mentore Gabriele, interpretato da Filippo Nigro. La liberazione passa attraverso il recupero della sua identità e delle sue emozioni, un percorso che riflette la necessità di ritrovare la famiglia che ha perso, rappresentata dalla sorella. “Non è solo una questione di azione”, afferma De Angelis, “è un viaggio interiore, un racconto di emancipazione emotiva”.
Dietro la costruzione visiva del personaggio di Diana c’è un lavoro meticoloso, che mescola elementi della tradizione con una visione avveniristica. L’acconciatura di De Angelis è stata progettata da Giorgio Gregorini, premiato con l’Oscar per Suicide Squad. Il suo look non è solo estetica, ma parte integrante della narrazione: la dualità dei capelli rispecchia il conflitto interno di Diana, divisa tra la sua identità passata e quella presente. L’armatura che indossa, inoltre, è un omaggio all’architettura italiana, un tentativo di fondere design e simbolismo.