Parte da uno spunto reale del passato (La Notte dei fuochi, nel 1961, quando i terroristi tirolesi diedero il via a una serie di attentati per ottenere la riannessione del Südtirol),Brennero è la nuova serie in onda su Rai 1 a partire da lunedì 16 settembre, in quattro prime serate. Realizzata da Cross Productions, e diretta da Davide Marengo e Giuseppe Bonito, presenta tutti gli ingredienti tipici del genere: il serial killer, la caccia serrata, i protagonisti tormentati. Ma la serie, ambientata tra le affascinanti e fredde atmosfere di Bolzano, va oltre la trama investigativa e ci conduce in una profonda riflessione sulle tensioni culturali che attraversano questa città di confine, dove il tedesco e l’italiano si intrecciano in una danza delicata e complessa.
Ci troviamo subito immersi nella dualità che definisce non solo la città, ma anche i due protagonisti: Elena Radonicich, nei panni di Eva Kofler, una pm proveniente da una famiglia tedesca benestante e rigida, e Matteo Martari, che interpreta Paolo Costa, un ispettore italiano segnato da un passato traumatico. Insieme, devono affrontare il caso del “Mostro di Bolzano”, un assassino mosso da un’ideologia razzista, che uccide persone di lingua tedesca convinto che abbiano maltrattato gli italiani. Tuttavia, dietro la caccia al killer, si cela una narrazione ben più sottile e intricata: quella della frattura culturale che Bolzano porta con sé da decenni.
Radonicich descrive il suo personaggio come “qualcuno che si trova a dover affrontare non solo un criminale, ma anche sé stessa”. Eva, con una famiglia opprimente e un passato di aspettative soffocanti, è il simbolo di chi vive nella gabbia dorata della tradizione e del privilegio. L’attrice racconta: “Spesso, per liberarsi, bisogna abbandonare non solo le aspettative negative, ma anche quelle positive che non ci appartengono”. Eva rappresenta la complessità dell’autodeterminazione, un tema che, sebbene universale, trova nella sua storia una declinazione particolarmente intima e dolorosa. Qui, l’autodeterminazione non è solo una lotta per scoprire chi si è veramente, ma un atto di ribellione contro un amore paterno che, benché sincero, diventa oppressivo.
E poi c’è Paolo Costa, interpretato da Matteo Martari. Paolo è un uomo spezzato: ha perso una gamba e la sua compagna cercando di catturare il killer, e questa caccia diventa per lui una questione personale, quasi una missione di redenzione. Il personaggio di Paolo, con la sua rabbia e il suo dolore, è un esempio vivido di come il trauma possa plasmare la percezione del mondo. Martari ha dichiarato: “Il suo rapporto con Eva diventa la sua ancora di salvezza, ma allo stesso tempo lo costringe a confrontarsi con le proprie paure e il proprio passato. Paolo è un uomo alla ricerca di risposte, non solo per il caso, ma anche per la sua vita”.
Eva e Paolo, due anime che si incontrano in modo graduale, quasi come ha descritto Radonicich: “Si annusano da lontano, come animali diffidenti, fino a riconoscere il valore dell’altro”. Un rapporto fatto di pregiudizi iniziali, di attrazione nascosta, che rispecchia perfettamente la tensione tra le culture italiane e tedesche che attraversa Bolzano. Un aneddoto raccontato durante l’intervista con l’attrice descrive un momento tra i due protagonisti durante le riprese: una scena di silenzio, dove il semplice scambio di sguardi tra Eva e Paolo ha richiesto decine di ciak, fino a trovare quell’alchimia naturale e istintiva che rende il loro rapporto così autentico sullo schermo.
Bolzano, con le sue insegne bilingue e il suo passato controverso, non è solo il setting della storia, ma un vero e proprio personaggio. Il regista Giuseppe Bonito ha sottolineato come l’ambientazione abbia permesso di raccontare una realtà complessa e stratificata: “Girare in una città dove le insegne sono in due lingue, italiana e tedesca, ci ha permesso di entrare in un mondo dove il confine non è solo geografico. E’ una città che vive le difficoltà nell’accettare l’idea di diversità culturale a causa della sua storia e del suo multilinguismo”. Per il gruppo tedesco, si tratta di preservare la propria lingua e cultura, mentre gli italiani si confrontano con la fragilità della propria identità.
Il killer diventa quasi un pretesto per esplorare il conflitto umano e culturale. Come ha sottolineato ancora Radonicich, “viviamo in un clima tragico. Uno dei pochi strumenti che abbiamo per combattere l’ignoranza e il razzismo è la diffusione di empatia e comprensione dell’altro”. E questo messaggio si riverbera in ogni fotogramma della serie.
Brennero non si limita a una semplice caccia al serial killer, ma costruisce un racconto dove il crimine diventa lo specchio delle fratture sociali. Non c’è un facile scioglimento del mistero, né una riconciliazione totale tra i personaggi. Rimangono i contrasti, le sfide irrisolte, come accade nella realtà.